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La nostra scena rock’n’roll negli ultimi 4/5 anni ha compiuto, almeno a livello qualitativo, passi da gigante, sfornando nuove band dalle grandi potenzialità mentre alcune di quelle già note partorivano album meravigliosi, ma la sensazione che manchi qualcosa, o meglio “qualcuno”, è forte in tutti i “true believers”, tanto che periodicamente riaffiora il nome di una divinità Egizia tanto venerata in questi lidi: la dea Bastet.

I nostri 5 Cock Rock Divas preferiti sono stati per un lungo periodo protagonisti indiscussi di questa scena, che hanno contribuito a creare e consolidare, diventandone a buon diritto la band più in vista e chiacchierata, nel bene e nel male, donandoci memorabili inni giovanili quali “Spurtin’ Joy”, “Erected” o “Gonna Get Laid”, salvo poi lasciarci prematuramente orfani in quell’infausto Luglio del 2005, quando ci salutarono per l’ultima volta dal palco del Venice Rock Festival. Si sentiva in particolare la mancanza del frontman, Fabio “Mahatma” Pacino, personaggio affascinate e carismatico, istrionico ed irriverente, che questo benedetto ritorno ce l’ha fatto penare, tra annunci e smentite, band che cambiano nome ed apparizioni col contagocce (ricordo con piacere una data dei Maria Magdalenas alla Slam By X-Mas Nite del 2007), ma alla fine eccolo qui, tornato ad illuminare i suoi discepoli con un manipolo nuovo di zecca. Chiariamo subito un punto focale: non stiamo parlando della versione aggiornata dei Bastet, la cui eredità viene per certi versi raccolta da “Jihad To See Her” e “Spearing Britney”, rock song energiche e boare alla vecchia maniera, fin dal primo ascolto infatti gli Armed Venus si rivelano entità autonoma e dal piglio innovatore, con un sound maturo, elaborato ed alquanto intrigante.

Difficile darne una definizione tout-court, si passa con naturalezza dagli atipici rock’n’roll “My Life Sucks But My Girlfriend Doesn’t”, “I Don’t Know Much About Girls” e “It’s All Pink Inside”, con i testi taglienti ed ironici e gli acuti doppi sensi che rendono unico ed inimitabile il songwriting del Mahatma, a brani dalle molteplici sfaccettature che palesano tutta la carica innovatrice presente in questo lavoro. Prendiamo in ordine sparso “If My Nose Were Full Of Dollars”, il cui riff è costruito giocando con l’ultimo movimento dalla 9na Sinfonia di Beethoven (l’Inno alla Gioia Europeo, per intenderci) ed il remake di “Every Lil’ Boy Can Be President” (ma come cazzo gli è venuta in mente, poi, strepitosa!): paiono estratte dal repertorio degli Sparks, rivoltate come un guanto e riadattate agli anni 2000.

Anche gli Armed Venus quindi, al pari dei Sybilla nel recente nuovo singolo, sembrano a tratti ispirarsi alla band dei fratelli Mael, talmente all’avanguardia da permettersi certe sperimentazioni già nei 70’s, non so se la cosa sia voluta e probabilmente a qualcuno meno “giurassico” di me verranno in mente decine di altri paragoni, di sicuro la capacità di stupire inserendo “altro” nei brani, pur mantenendone i connotati rock’n’roll, è meravigliosamente Sparks, e mi fa gongolare. “The Best Revenge Is Revenge” (è o non è un titolo grandioso?) e “Jesus Loves You…”, hanno arrangiamenti sontuosi ed un groove “crepuscolare” da brividi, mentre “Church Of The Former Virgin” è un’altra rock song bollente con un testo strepitoso, poetico, ironico ed irriverente, un invito ineluttabile ad immergersi nel “Culto della Chiesa Universale del Rock’n’Roll”, mica cazzi… Quel che è certo è che Pacino è un fuoriclasse, ne più ne meno, e Kurdi, Vulvas, Louis e Marco, i musicisti che lo accompagnano in questa nuova avventura, si rivelano all’altezza, sono maturi e precisi, mostrano un affiatamento invidiabile e riscontrabile solo nei pezzi da 90 ed hanno pure l’umiltà necessaria per mettersi al servizio dei brani.

Degna di nota inoltre la collaborazione di un guru come Ric Browde, deus ex-machina del successo di Poison e Faster Pussycat, tanto per citarne un paio, uomo per cui il fantastico mondo del rock’n’roll non ha segreti di sorta, qui in veste di co-autore e produttore dell’album. Il risultato è eccellente, i brani sono rotondi ed armonici come un buon Sassicaia, curati nei dettagli, eleganti e rifiniti come un abito di Missoni, che spingano sull’acceleratore o ti cullino nel velluto, gli Armed Venus lasciano il segno, con una classe superiore. Non vorrei esagerare ma ho la netta sensazione di trovarmi davanti ad un album “spartiacque”, che se non inventa una nuova via, quanto meno indica un nuovo modo di percorrerla, portando una ventata d’aria fresca in un genere troppe volte statico ed avvolto su schemi pluridecennali.

Le porte del sound del nuovo millennio sono definitivamente aperte e temo che chiunque voglia cimentarsi nel nostro genere preferito, d’ora in avanti abbia l’obbligo morale di passare di qua o, quantomeno, di provarci. Bentornato Fabio.

3 risposte

  1. Ho sentito alcune killer song, ottime melodie, ottime rifiniture, cura del dettaglio “maniacale”… C’è il culto di un passato molto significativo, il buon vecchio rock’n’roll, un vestito nuovo di zecca, testi che profumano d’ironia propria, l’anima di un personaggio che ha sempre fatto un bel fracasso (di quello buono s’intende). Nettare divinamente armato, sbornia assicurata!

  2. Non riesco a tirarli giù ne dallo stereo in macchina nè da quello dell’ufficio!!!!! Trasudano il genio dei Wildhearts da ogni accordo, Pacino ed i suoi compagni di merenda hanno creato un capolavoro!

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