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Marco Paracchini

In un’afosa giornata di agosto mi accingo ad intervistare Danny Peyronel, mitico personaggio che scrive, suona e canta da trent’anni. Mi accoglie in casa sua con molta umiltà e simpatia offrendomi acqua fresca perché mi vede completamente fradicio e distrutto dal caldo africano. Parliamo per qualche minuto e poi mi tira le orecchie (in modo molto scherzoso, intendiamoci!) dicendomi, più o meno, queste parole: “In passato ci hanno etichettato come Proto-punk-group o pop-metal-punkers, ma mai assolutamente Glam! Lo amiamo il Glam ma allora noi eravamo la risposta al Glam, non un’altra band dedita a quei suoni…ho letto la tua recensione e mi è piaciuta molto ma l’unico punto che non va bene è proprio quello!”
Finita la goliardica discussione e rimettendo i cocci a posto dopo la gaffe, inizio l’intervista appoggiando il registratore a pochi centimetri dal portacenere....

Hai iniziato negli anni settanta sino ad arrivare ad oggi…raccontami qualcosa degli HMK…
Nei 70’s non c’era spazio per noi poiché all’epoca c’erano solo alcuni dinosauri del rock, bands dedite al glam e chi all’heavy metal e poi c’eravamo noi, gli HEAVY METAL KIDS che non avevamo alcun inserimento all’interno di nicchie o cose del genere...oggi tutto è diverso…forse perché noi abbiamo smosso qualcosa e infatti molte giovani bands hanno, apparentemente, molto in comune con noi, con il nostro sound…
Se leggi le recensioni sul nostro sito (heavymetalkids.co.uk) troverai alcuni pareri, soprattutto inglesi, che ci mettono in risalto con gruppi quali WildHearts, Hellacopters, Offsprings, American Hi-Fi e dicono che se uno ascolta e ama questi gruppi allora c’è spazio anche per gli HMK… insomma è parecchio strano ma può davvero essere che noi fossimo stati in qualche modo i pionieri di questo “genere”…all’epoca noi eravamo soli, divisi tra due/tre mondi di culture musicali differenti, facevamo la nostra musica ma ora siamo classificabili e forse questo non è neanche una brutta cosa se stiamo a guardare il mercato, no?

Nonostante eravate molto giovani siete stati contattati dall’ATLANTIC e poi avete avuto la firma con questa major…come sono andate le cose?
Beh…giovanissimi! Io avevo solo 17 anni!
Devi sapere che noi avevamo due manager ma c’era uno di questi che aveva dei contatti con un club molto famoso a Londra. Il club era lo Speak Easy, posto leggendario dove si ritrovavano Jeff Beck, Rod Stewart e molti altri artisti dell’epoca che andavano a bere lì e c’era così posto per alcune giovani rock band che facevano un po’ da sottofondo musicale…figurati come e cosa avessero potuto ascoltare quei personaggi da gente come noi ma qualcosa cambiò. Il posto era durissimo, nessuno ci ascoltava e bisognava fare una bellissima figura ma una sera, Dave D, pop-star (22 hits col suo gruppo) del tempo, ci notò e decise di presentarci alla Atlantic con la quale aveva dei contatti. La major era appena arrivata nel mercato inglese…infatti noi fummo i primi a firmare un contratto con la Atlantic poiché i Led Zeppelin erano sì inglesi ma firmarono il contratto negli Stati Uniti, non a Londra…Pensa che Dave poi firmò con gli Ac/Dc…gli andò meglio con loro, credo…(ride).
Sai la cosa bella? Che Dave D è ancora il nostro manager…è bello, siamo una famiglia…amici veri, sai no?

Tra i primi tre dischi degli HMK e oggi sono passati davvero tanti anni…che cosa hai fatto in tutto questo tempo?
Ho fatto un sacco di cose. Non ho perso tempo. Dopo gli HMk sono stato il tastierista originale degli U.F.O. e oggi ho ben 14 dischi con cui suono e scrivo per gli U.F.O.; Lp, Bootleg, Live, insomma, un sacco di cose. Quando abitavo in Spagna ho lavorato ancora con la Atlantic con un gruppo di nome TARZEN in cui suonavo pezzi duri, molto anni ottanta. Anzi, fu proprio lì che scoprii come cantare, proprio in quei periodi, prima non lo immaginavo neanche…
Successivamente ho scritto per MEAT LOAF, DAVID GILMOUR e altre realtà… insomma, mi sono dato da fare, sempre nel periodo dei TARZEN.
Poi sono giunti i novanta, dove mi sono trasferito a New York e lì mi sono concentrato a fare il papà, lasciando un po’ in disparte la musica sebbene mi sia dato, per un breve periodo, anche alla lirica ma poi ho capito che non faceva per me…io ero e sono un rocker ma per me era una sfida, volevo cantare cose che non avrei mai pensato di fare… poi sono giunto qui a Milano e il resto è storia…
Ho conosciuto Marco Barusso del DiddeStudio e da lì anche Marco Guarnierio, il proprietario degli studi e da lì è nata l’idea di suonare insieme ai miei vecchi amici degli HMK ma ancora non immaginavamo che poi avremmo fatto un album con questo nome. È stato fantastico proprio per questo, tutto è nato quasi per caso e molto naturalmente, senza forzare gli eventi.

E suonare con due nuovi chitarristi, come è stato?
Beh, devi sapere che in ogni disco degli HMK i chitarristi erano diversi…è quasi un nostro segno di presentazione, una tradizione quasi…ogni nuovo musicista portava aria nuova all’interno dell’album sebbene i pezzi li abbia sempre scritti io insieme a Ronnie e solo oggi anche con Keith… abbiamo provato, tutto ha funzionato e abbiamo deciso di mandare avanti il progetto con loro e così è stato. Il disco che hai tra le mani è l’esempio del feeling e della nuova realtà a firma HMK! Ci siamo aggiornati restando comunque sempre noi…Guarnierio e Barusso erano stati ottimali ma, in realtà, avevamo in mente di uscire in tour con chitarristi stranieri ma poi, pensandoci bene, abbiamo deciso di restare con loro e la cosa è stata premiata proprio dall’alta affidabilità che hanno dimostrato on stage, fuori dai concerti e nei rapporti umani…sono incredibili e anche dal vivo rendono come nel disco, anzi, molto di più! Sono due macchine da guerra che si complementano sul palco…poi quello che a noi piace è che loro non sono i soliti fans della chitarra veloce, di quella scuola di mille riffs al secondo…non è una gara, il rock n roll è da vivere, da sentire, gli HMK pensano ai pezzi, alla canzone, a noi stessi…non c’è posto per il virtuosismo e mi meraviglio di come in Italia la maggior parte dei chitarristi debbano assolutamente far vedere che san suonare a velocità incredibili… non ha senso, ripeto, non è una gara, no? (ride)

Trovo il disco frizzante, giovane e divertente…una buona colonna sonora per un party…sei d’accordo? Come sono nati questi brani così gioiosi?
È assolutamente gioioso! In questi giorni di dischi grigi questo è ottimista e simpatico e sebbene noi abbiamo scritto alcuni brani pesanti (socialmente parlando) mettendoli sotto un aspetto divertente, credo siamo riusciti a far rendere meglio il messaggio ai nostri ascoltatori.
Come sono nati i pezzi non te lo so dire…sono nati e basta!
Basta essere positivi alla vita e apprezzare ciò che si fa… quello che nasce è assolutamente divertente e ottimistico!

Cosa hanno rappresentato, musicalmente parlando, gli anni novanta per Danny Peyronel?
Quasi nulla.
Ero negli States all’epoca ma non ho mai avuto modo di simpatizzare per qualche pezzo o qualche band. Sono stati anni strani… non c’era nulla che mi appassionasse ma forse qui in Europa era diverso, non so…
Se fossi stato in Inghilterra avrei sicuramente apprezzato i WildHearts ma li ho scoperti solo ora, in USA non li conoscevamo affatto. Hanno fatto successo forse in Giappone e in Inghilterra.
Lo sai che stanno facendo un come-back anche loro? (ride)
In America la musica europea non arriva mai, c’erano solo gli Oasis ma sai…io li ho già visti i BEATLES (ride di gusto)

Sono curioso di sapere come vi state muovendo sul mercato e come funziona la distribuzione del vostro album…
È molto interessante ciò che mi stai chiedendo…a differenza del passato è molto più dura ma noi preferiamo conquistarci piano piano fette di mercato. Essendo più liberi e non essendo sotto una major che se ne sbatte di alcuni territori, noi stiamo contattando siti, etichette e import-label in tutto il mondo, sia qui che in Asia.
Accordi individuali per ogni Paese. È la cosa migliore. Così loro sono molto più interessati a far uscire il disco… la major non avrebbe interessi, guarda ai numeri, se mancano subito, non si sbattono più di tanto.
In Giappone gli U.F.O. sono considerati degli Dei e quindi è probabile che ci sarà interesse da parte di molti fans…staremo a vedere!

Cosa ci riserverà il futuro dehli HMK?
UH, un sacco di cose!! Prima cosa di tutto, la tournè. Gran Bretagna poi Spagna, Francia, Svizzera, Austria e, speriamo, anche qui in Italia! Poi ci sarà un dvd, in uscita prevista per l’anno venturo con interviste a Joe Elliot (Def Leppard), Iron Maiden e altre rock star che sono state fan del mio gruppo, poi vecchi brani, vecchi video e magari anche un video-clip tutto nuovo e, ovviamente, immagini live.
Con un live anche un Cd e pure un album nuovo che ha un titolo molto particolare…”Who’s the fuck heavy metal kids?” ma vorrei farlo tradurre in ogni lingua come in italiano suonerebbe un po’ come “Chi cazzo sono gli HMK?” (ride)

Grazie Danny per l’ospitalità, la tua simpatia e per aver concesso questa intervista a SLAM!
Figurati! Grazie a te!!

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