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Moreno Lissoni / Matteo Pinton

Dopo un sontuoso pranzo a base di panini accanto alla Stazione centrale, in compagnia del Metius (Thee STP), lo ZioTeo e Moreno si appropinquano all’Hilton dove li aspettano il cantante Steve Lee e il batterista Hena Habegger per un’intervista.
Mentre accendiano il registratore avvisano i Gotthard che qualunque dichiarazione registrata sarà sempre e comunque usata contro di loro...

…come sempre, va bene, staremo molto attenti a cosa diciamo, soprattutto ai sottotitoli.

ZT: Abbiamo una domanda che sicuramente gli altri non vi faranno: da dove deriva il titolo “Domino Effect”?
SL: Ultimamente nei Gotthard ci sono stati un sacco di cambiamenti, questo è successo tre anni fa con “Lips Service”. Eravamo stanchi di essere sballottati da tutte le parti per il volere di altri, di prendere fregature. Abbiamo deciso di prendere in mano il controllo della situazione, della nostra carriera. Abbiamo fondato una nostra casa discografica, l’abbiamo fondata in Svizzera per motivi di convenienza, lì le nostre vendite sono sempre state sempre molto buone, ogni disco è sempre arrivato doppio se non triplo platino, cosa abbastanza rara al giorno d’oggi visto che il download che per noi è una bella piaga. La differenza tra “Lips Service” e “Domino effect” non è tanto grande, altri pezzi, altro titolo. Ma i dischi sono simili.

“Domino effect” significa che quello che ti succederà dopo aver schiacciato il tasto play, che è anche riprodotto sulla copertina, sarà colpa tua. Sarai costretto ad ascoltare tutto il disco e se non hai tutta la discografia della band sarai anche costretto a comprarti tutti gli altri otto dischi dei Gotthard. E’ un’idea un po’ scherzosa in questo senso. Però c’è anche un messaggio più profondo, se l’umanità non cambierà qualcosa, l’effetto domino che si è innescato la porterà in una cattiva direzione. L’effetto domino in atto adesso ci ha portati alla neve dove ci dovrebbero essere quaranta gradi e vice versa, i ghiacci che si sciolgono e tutto il resto. Nel nostro piccolo, anche se ci piace pensare in positivo, vogliamo far capire che questa situazione ci preoccupa.

ML: Avete fatto diverse versioni di vostri brani in spagnolo, perché non ne fate una in italiano ? Magari potete andare a San Remo…
(Facce allibite seguite da grasse risate.nda). SL:A San Remo ci è andato Nicolò, il nostro tastierista in qualità di maestro d’orchestra, lui ha le mani un po’ dappertutto ed è coinvolto in mille produzioni italiane. Ai Gotthard, senza offesa, San Remo non interessa (risate e gesti di scongiura.nda).
A dire il vero, con una delle mie prime band, i Chromo abbiamo fatto un disco, io suonavo la batteria e canticchiavo in italiano. Riascoltandolo mi rendo conto che è meglio se lasciamo fare le cose a chi il rock in italiano lo sa suonare…

Ma non c’è nessuno… secondo noi il rock and roll non si fa in italiano, l’italiano è anti rock and roll...
SL: In effetti l’italiano è una lingua bellissima, molto musicale ma decisamente più adatta alla melodia che non al ritmo. Non volevo dirlo brutalmente ma in effetti se canti “Smoke on the water” in italiano fa proprio cagare (risate.nda).
Noi ci sentiamo più vicini alla lingua anglosassone per suonare, le nostre radici vanno dagli anni 70 agli 80, dai Led Zeppelin in avanti e cosi’ ci siamo più identificati nell’inglese come lingua. Oltretutto la mia lingua madre a dire la verità è il tedesco, io sono nato a Zurigo, col francese obbligatorio a scuola, l’inglese e l’italiano che ti ronzano in testa. Alla fine ho un gran casino in mente e nessuna lingua parlata bene (risate.nda).
Comunque la lingua del rock and roll è l’inglese. In ogni caso mai dire mai, se la Pausini dovesse chiamarmi e pagare profumatamente per un duetto, beh, potrei chiudere un occhio... o forse entrambi…

ML: E’ un caso che la copertina d “Anytime anywhere” assomigli nella veste grafica a Sin City?
ZT: Il Moreno è un grafico, mica gli sfugge niente...
SL: Si, l’idea era quella. Se hai visto anche il video, ci siamo ispirati a Sin City. Una grafica efficace, moderna. Oltretutto ci ha permesso di fare un video con dei costi contenuti. Noi non siamo una band da video, per noi c’è pochissimo spazio sulle televisioni musicali e quindi non ha senso spendere delle fortuna per i clip. In un mondo dove ci sono decine di produzioni da studio “fantasma”, dove non si sa mai chi suona nei dischi, ci piace rimanere un prodotto genuino, una band la cui dimensione migliore è quella sincera e trasparente del concerto. Ci piace essere dei manovali della musica.

ML: Steve, leggevo che tra i tuoi film preferiti ci sono “Il Gladiatore” e “Sesto Senso”, c’è qualche film che ha ispirato le tue canzoni?
SL: No, dal cinema non ho tratto ispirazioni. Mi piace il cinema, ci vado spesso, ma lo vivo come uno svago, un passatempo. Stimolano maggiormente la creatività i libri, mentre al cinema è tutto pre confezionato, nei libri c’è sempre spazio per la tua fantasia. Li trovo molto stimolanti. Però sono un appassionato di cinema, vado nelle sale, ed ho una vasta collezione di dvd.

ZT: Recentemente è apparsa una vostra intervista sull’inglese “Classic Rock”, vi da ancora emozione vedervi in riviste come quella dove si parla principalmente dei “grandi” della musica rock e venire accomunati a loro?
SL: Assolutamente si. Anche perché, come ti dicevo, anagraficamente siamo dei vecchietti e ritrovarci nelle stesse pagine in cui ci sono coloro che abbiamo sempre ascoltato, ancora oggi ci fa un grande effetto. Oltretutto ci gratifica di più finire in riviste come quelle che non in riviste metal dove, si, è bello apparire ma non ci riconosciamo musicalmente.
Purtroppo siamo stati venduti per anni in modo sbagliato, ci hanno voluti far apparire più duri di quello che siamo, noi abbiamo una forte componente melodica, abbiamo la ballate e non siamo certo quelli delle sciabole insanguinate che adesso sembrano andare tanto di moda anche qui in Italia…

ML/ZT (in coro): Per fortuna…
SL: Probabilmente Classic Rock ci ha dato spazio perché siamo stati acclamati tantissimo durante il “Fire fest” dello scorso anno. Con l’Inghilterra abbiamo avuto uno strano rapporto. Abbiamo fatto un mese di tour quattordici anni fa coi Magnum e non ci ha cagati nessuno. Il tipo della casa discografica era in vacanza ed eravamo senza promozione, non avevamo nemmeno i poster.
Poi per quattordici anni il silenzio, per noi le porte dell’Inghilterra sembravano sbarrate, nessuna opportunità, niente. Ultimamente abbiamo fatto dei bei concerti ed al “Firefest” dello scorso ottobre è stato un po’ uno schiaffo, abbiamo fatto un grande show, ci sono state bands che non volevano più suonare dopo di noi, qualche casino, insomma siamo piaciuti.

ZioTeo e Hena iniziano a parlare di moto, Moreno si fa autografare un cd di ballate e si becca un “ah, tu sei un romantico eh?”, lo ZioTeo che è un prepotente se ne vergogna.

Il resto del'intervista dove i Gotthard parlano del loro amore sulle moto, potrete leggerla con il prossimo numero della rivista Freeway.

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