SERIE-Z FESTIVAL

Jerez de la Frontera – 28, 29 y 30 de Agosto

Protagonisti di questa piccola favola rokkeroll Simone ‘yu-uh il gusto ciclés’ Parato & Sweet ‘devo soffiarmi il naso’ Mauro.

Potevamo mancare al festival rock’n roll più prestigioso dell’anno? No, che diamine! Potevamo limitarci a un report tecnicistico e serio? Forse, ma i glam punks sono gente poco seria e tecnicamente ipodotata. Potevamo innamorarci della Spagna, del clima magnifico, secco e soleggiato, delle more tutte (tutte, cazzo!) iper-tettute? Sicuro, non fosse che il cibo fa (letteralmente) cagare sangue...

Come dice sempre il mio amico Sergio di Rio, mai sedersi vicino al cesso dell’aereo. Mai, cazzo! Può sempre succedere che una negrona, dalle vaghe sembianze di una Potnìa camusa, si liberi di un carico di merda, trattenuto da un mese, dai miasmi terrificanti. Che puzza, dio can! Benedetto il caro Sergio, dovrei dargli retta più spesso... fortunatamente accorre in nostro soccorso una hostess, che innamoratasi dei capelli irti del buon Sweetmauro, ci dona una intiera bottiglia di vino spagnolo, con la quale tentiamo disperatamente di intorpidire i nostri sensi.
Il viaggio prosegue senza altri incidenti, a Madrid salgono assieme a noi dei tipi nerovestiti, che scopriremo più tardi essere i LORDS OF ALTAMONT, una delle (personali) rivelazioni del festival.

Arrivati a Jerez, alloggiamo presso l’hotel Trujillo (ovviamente in onore della scimmia che suonava il basso nei Suicidal Tendencies), magione a una stella che offre persino il bidet e alla reception un tipo uguale a Ken, il moroso un po’ frocio di Barbie, che ribattezzo subito “L’uomo di plastica”. Il festival inizia il giorno successivo, così decidiamo di esplorare la cittadina ispano-terronica (nel senso che siamo a pochi km dal Marocco). In nostra compagnia, per tutto il festival, la coppietta rock’n roll più dotta e carismatica, a formare assieme a noi un quadretto quasi commovente... li immaginate i Fantastici Quattro punk-rock? Figata, direbbe Micina87... così tra una paella e una patatas frittas passiamo indenni attraverso Plaza San Marcos e un cameriere nervoso e finocchio, per finire in una bettola dove si sente un po’ di rock’n roll, Ramones su tutti (gioia!), e dove mi vedo recapitare una modesta razione di Jack Daniels da mezzo litro. Ricordo solo che tornando in albergo, io e Mauro, alla ricerca della birretta della buona notte, siamo finiti all’Inferno, rotolando viziosi, truccati e traballanti, in un bar losco pieno di anziani viscidi e rubizzi, da cui siamo scappati come due razzi! Nella fuga verso la mecca Trujillo, ci imbattiamo in Calle Morenos, e quivi ci appare in visione l’arcangelo AOR che, eterno sorriso, ci ricorda che abbiamo una missione rock’n roll da portare a termine...

Marocchini metallari e defe(ca)zioni disforiche.

“Qualcuno ha un moment?” “Zì, buana!”
Il tempo di riprendersi ed eccoci all’IFECA, sede (ottimale) del festival. E’ tardo pomeriggio quando le prime bands scaldano il pubblico, i ROCK-A-HULAS suonano un buon rock’n roll grezzo e tirato, li immaginate i BAD DOG BOOGIE che cantano in spagnolo? Spero di rendere l’idea... comunque niente male, mentre i COMMANDO 9mm mi spaccano le palle dopo pochi accordi, al che preferisco fare un giro per le numerose e lussoriosissime bancarelle, e così, felice come un bimbo, dopo aver trovato una spilla dei D-Generation, mi imbatto in uno degli highlight di questa trasferta. Dietro una delle bancarelle ci sono due negri che si dimenano in air-drumming e headbanging furente, e tutto al ritmo degli Helloween sparati a volume esagerato dallo stereo!! Culto totale. It’s a negro revolution...

Tocca ora ai MÖTOCHRIST capitanati da Danny Nordhal (l’uomo col look più bello del Serie-Z!), ex Throbs, NY Loose (idem per il chitarrista Mark Diamond, che ha suonato anche nei Dwarves) e visto recentemente in Italia nei Bang Tango. Alla batteria siede invece Chad Stewart, drummer dell’ultima line-up dei Faster Pussycat e di un centinaio di band di LA...
Questo ensamble bastardo ci regala i primi sussulti, ottime a mio avviso “Someday”, “Holyday”, “6 Shooters, 6 Strings and 6 Packs”, un rock’n roll sporco imbastardito col punk newyorkese, che non a caso omaggia anche i Ramones.

Salgono sul palco i tipi incontrati sull’aereo, sono i LORDS OF ALTAMONT, che ci deliziano con una misura di ottani, rock’n roll e sgasate garage. Fenomenale il singer che violenta e si arrampica sulla sua Farfisa, mentre la band ci propone i pezzi del recente “To Hell With The Lords Of Altamont”. Immaginario biker, croci di ferro da tutte le parti, il drummer un po’ rockabilly che suona la batteria in piedi... spettacolare, un fenomeno! E una volta sceso dal palco si fermerà più volte a chiaccherare con noi della Confederacy Of Scum e altre amenità, simpaticissimo!
Nel frattempo ci iniziano anche a girare un po’ le palle: si diffonde la notizia che sono assenti i WILDHEARTS (principale attrazione della prima giornata, cazzo!), e sono pure dati per forfettari, il giorno seguente, ROCK CITY ANGELS (qua si è perso il conto delle nostre bestemmie) e WARRIOUR SOUL.

Così, col cuore gonfio di tristezza e la vescica gonfia di piscio, assistiamo alla performance dei TEXAS TERRI, capitanati da furia e tette al silicone. Voce troppo strillata e grezza per i miei gusti, però la band convince, finalmente un po’ di energia e cattiveria. A chitarra e batteria i prezzemoli della line-up dei Mötochrist, e il concerto finisce (con cover di “I Wanna Be Your Dog” degli Stooges) da copione con le tette al vento, i capezzoli coperti da pezzi di nastro adesivo a formare due “T”. “Tina Turner”? “Tantra Terronico”? “Topa Troia”? Ah già, che sciocco, “Texas Terri”...

Il tempo di avvelenarmi lo stomaco con una salsiccia (Giorgio di Rio non mangia mai salsiccie di dubbia provenienza et cottura. Che saggio, il Giorgio) e sale sul palco un tipo strambo, con giacca rossa foderata di tessuto leopardato e cappello da cowboy coordinato, insomma, sembrava vagamente Michael Monroe, fatta eccezione che NON aveva gli occhi da rana pronti a schizzargli dalle orbite. E’ JASON RINGENBERG (& The Nashville Allstars), il genere proposto country decisamente ignorante e bovaro... una figata! Peccato che la band fosse un po’ statica, ma il buon Jason fa un gran spettacolo, complice una bella voce e mosse di gambe divertentissime.

A chiudere la prima giornata i giappu THEE MICHELLE GUN ELEPHANT, introdotti dalla musica del Padrino e vestiti da mafiosi! Un portento il chitarrista, sguardo impassibile e riffaggio assassino, vagamente noisy-punk a tratti, ma originalissimo e coinvolgente. Terminato l’assalto sonico degli occhi a mandorla (a essere sincero verso la fine ne avevo un po’ due palle...), ce ne andiamo verso l’after party in un locale del centro, ma il mio stomaco incomincia a patire i primi sintomi dell’avvelenamento che finirà per mettermi in ginocchio (o meglio seduto sul cesso!) una volta tornato in Italia... porcaputtana, neanche avessi bevuto acido solforico!! Nota per il prossimo anno: portare una scatola formato famiglia di Magnesia...

I WANNA ROCK!!! (beata ingenuità rokkeroll...)

Il secondo giorno la Profezia si avvera: le strade della piccola Jerez sono invase dai rockers!
Un bel colpo d’occhio, che dire. Oggi suona il gruppo sicuramente più atteso, e l’aria è elettrica e carica di entusiasmo, un crogiuolo variopinto di magliette diverse fa bella mostra di sè, ne riconosciamo anche un paio d’epoca di Poison, Cinderella e Wratchild (!), mentre ti può capitare di beccare Spike sotto l’albergo a sbevazzare e incontrare a cazzeggio Texas Terri, Lords Of Altamont e Mötochrist, e pranzare a fianco a loro in una pittoresca piazza del centro. In tale piazza Lucifero si tramuta in cameriere e mi propina infingardo una zuppa di ceci (e io beota avevo ordinato, o così credevo, del pesce...) che sarà l’inizio della rovina...

Dopo l’irrinunciabile siesta, giungiamo all’IFECA a concerto iniziato. BUMMER e SIN CITY SIX mi lasciano un ricordo prossimo allo zero, preferisco innamorarmi alla vista di una fotografa in mini gonna inguinale (con tanto di disegnini di Iggy Pop dorati e scritta “raw power”), stivali e sguardo tossico. Mi fan troppo sesso sporco, le occhiaie tossiche...
E’ giunto il momento di una delle mie band preferite di sempre, i QUIREBOYS. Quando i musicisti salgono sul palco mi scende un colpo: dove cazzo è finito Nigel Mogg? Mierda y muerte!! Come spiega Spike, Nigel ha appena avuto un figlio per cui è stato momentaneamente rimpiazzato... uff... e chi cazzo era quel tipo seduto alla batteria, io mi aspettavo Jason Bohnam, e mi ritrovo un clone di Meatloaf! Anyway, si da fuoco alle polveri, Spike calcia il microfono e mi muove come solo lui e Jany James sanno fare, peccato solo che la prima metà del concerto sia penalizzata da un suono basso che non aiuta certo la voce del cantante inglese, oggi un po’ sottotono. Però il trittico finale “I Don’t Love You Anymore”, “7 o’clock” e “Sex Party” ribalta le sorti e ci regala emozioni forti. La prossima volta mi piacerebbe sentire anche “King Of New York”, già...

Sullo stage adesso i (The Heart Of) GEORGIA SATELLITES, che ci regalano uno dei concerti migliori del Serie-Z. Solo alcuni membri originali accanto Dan Baird, non per nulla vengono suonate anche molte song dal suo repertorio solista. Splendida attitudine, simpatia, voglia di divertirsi... una lezione di classe impartita da quattro cinquantenni ancora innamorati di slide guitar e rock’n roll polveroso. “Fire, fire!!”
“Back On The Streets agaiiin” – ecco i JUNKYARD, grassi come vitelli ma in bella forma, tamarri e vagamente sdentati (tutto vero, abbiamo effettuato un close-up a David Roach che non lascia dubbi!!). La band ci dà dentro, e riesce persino a farmi piacere i pezzi del secondo disco, in particular “Clean The Dirt” che rende molto bene. Nulla mi toglie dalla testa che a livello di riffaggio siano un po’ troppo ripetitivi però... e bastardo Pat Muzingo, che stava per accecarmi con una bacchetta! Si meriterebbe un’abbuffata di ceci satanici...

Si avvicina la notte e la temperatura è ormai calata sensibilmente... l’IFECA registra il giorno di massima affluenza, mentre sul palco si erge un muro di Marshall. Sta per verificarsi l’evento, il concerto DEFINITIVO per quanto mi riguarda. I TWISTED SISTER, l’icona dell’hard rock / metal americano, campione di tarrume, look tremendo e ironia. Inizia la intro con “It’s a Long Way To The Top” degli AC/DC, si accendono i riflettori e... bum!, torniamo negli 80s! Nessuna esagerazione, è stato uno spettacolo d’altri tempi, roba che ogni tanto sentivo i brividi corrermi lungo le braccia. Mark “The Animal” Mendoza colpisce il suo basso menando ponte e paletta come un selvaggio, Jay Jay French e Eddie Ojeda incrociano riff e assoli, mentre AJ Pero alla batteria è sì un metallaro, ma quando durante l’assolo (un concerto con assolo di batteria... c’è qualcosa di più 80s??) la sua batteria si solleva in aria, ci prostriamo fedeli. E Dee Snider? Pazzesco, incredibile... ha un’energia addosso contagiosa, dialoga col pubblico (spettacolari i siparietti con Eddie Ojeda in veste di traduttore!) e ci fa saltare come cavallette. “We’re Not Gonna Take It”, e tutti a cantare, il pezzo è ripreso ben tre volte, e più si va avanti, più la voce di Snider si scalda e con “The Price” è l’apoteosi, giuro che quasi mi stavo commuovendo. Arriva “I Wanna Rock” e un’indimenticabile botta e risposta tra band e pubblico, che culmina con quasi tremila persone che saltano col pugno in aria urlando all’unisono “I Wanna Rock - Rooock!!!” Ecco il bis, “Come Out And Play” e “S.M.F”, finisce il concerto tra fuochi d’artificio e il logo dei TS che brilla nella notte spagnola, la luna resta a guardare ma fa i cornoni da metallaro: siamo tutti dei sick mother fucker. Festeggio l’evento con una patata gigante, e gli occhi mi luccicano.

I marocchini metallari sono sempre più metallari...

Ormai siamo in pieno clima spagnuolo, non ce ne frega più un cazzo di niente, io in particolare vegeto e rispondo alle domande dopo 10 minuti. Arriviamo all’IFECA verso sera, saltando a piè pari gli opener, lo stomaco incomincia a gonfiarsi in modo preoccupante, mi sento vagamente un balenottero à-la Mick Mars e quindi, visto che sono offeso da colore della pelle, capelli lunghi e vestiti hippie psichedelici dei nipponici SAVOY TRUFFLE, decido di arenarmi all’interno degli stand, ovviamente di fianco al banchetto dei miei idoli negri metallari, che continuano imperterriti a fare headbanging e a fare le corna. Di fianco a me, un paio di rocker si fanno una pista di coca... cazzo, avessi avuto la Magnesia, avrei potuto sbriciolarla, spacciarla e diventare pure ricco...

Iniziano gli HYDROMATICS, due palle così, tanto che ce ne andiamo al centro commerciale a mangiare. Gozzovigliamo, ci imbottiamo di caffé e torniamo giusto per veder finire i NINE POUND HAMMER, con la moglie del camionista dei Nashville Pussy (ricordiamo che prima suonava, appunto, nei NPH) che sventola la rebel flag. Bah... all’odore di canna (onnipresente durante tutto il festival) si mischia così odore di pollo fritto dai redneck...
L’importante per queste band è che salgano sul palco, suonino e scendano giù senza tante stronzate, e chi non salta è un ottusangolo!
Gli HELLACOPTERS sono l’unica band del Serie-Z a sfracellarci i coglioni con un sound check eterno, che sfiora il ridicolo quando il roadie prova pure le maracas! Data questa premessa, dirò solo che Nicke Royale e soci sono ormai prevedibili nonché svogliati, già dopo tre secondi posano con le chitarre in aria e riescono a rendere mosci persino i pezzi di “Paying The Dues”. Che noia, ragazzi... e la cover di “Search & Destroy” è una merda totale!

Finalmente ecco i redivivi RADIO BIRDMAN, che in poco più di un’ora ripassano il loro repertorio. Si sente che probabilmente han fatto poche prove, perché qua e là ci scappa l’errore, ma sul palco si crea un’onda di suoni che rapisce, i Radio Birdman sembrano vivere in una loro personale dimensione e quasi non osiamo applaudire per non disturbare...
Un plauso al singer Rob Younger, nonostante l’età si muove divinamente e canta con raro trasporto.

Epilogo

Spendiamo gli ultimi giorni a fare i turisti, a guardare la TV spagnola osservando, stupiti, come dopo mezzanotte passino con non-chalance programmini porno belli spinti. Mica scemi ‘sti taru spagnoli! Così tra un pompino e un anal, vediamo pure la versione ispanica del Commissario Rex.
Prima di lasciare Jerez e le sue ragazzine tettute, non posso fare a meno di farmi del male, così divoro temerario un mega cono gelato al gusto ciclés (sì, come gomma da masticare), una specie di puffo impazzito, un frullato di colori fosforescenti che più glam di così non si può. Perché io sono glam, che cazzo! Il gusto ricorda vagamente l’antibiotico, il tempo di digestione è stimabile intorno alla settimana.

Agonizzanti, prendiamo gli aerei per tornare nella motorcity: esperienza rocambolesca che rischia di terminare con uno schianto sull’Ikea. E per leggere questo report avreste dovuto comunicare col regno dei morti. Per fortuna, l’arcangelo dell’AOR veglia sempre.
Hey Sweet... andiamo a trovare Sergio?

Simone Parato

---- by Slam! Production® 2001/2007 ----