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Private Line… 16 agosto 2004. Squilla il cellulare. E’ Mira, la manager dei Private Line conosciuta 2 giorni prima allo Slam! Summer Party a Venezia, mi dice che è a Milano per firmare un contratto con Sammy e Jack.
Mi chiede se li raggiungo in hotel e li porto da qualche parte. Ci penso un’attimo perché è più facile trovare segni di vita su Marte che a Milano il 16 agosto…
Faccio 1+1, chiamo qualche amico e li portiamo sui Navigli e poi qualche ricordo…  birra. Sammy in piedi su un tavolo tipo Statua della Libertà. Birra. Mira che fa foto. Birra. Jack che dice parolacce in italiano. Birra… Birra…

Se possiamo ascoltare il terzo disco dei 5 finlandesi è anche un pò merito mio, visto che quella sera sono riuscito a riportarli a casa… sono passati 7 anni, sono senza capelli e crollo dopo uno spritz e i Private Line, più che i pirati del 21° secolo sembra siano diventati i paladini del pianeta: collaborano con Greenpeace e dedicano “Dead Decade” alla salvezza del pianeta…

Maturità, crescita musicale, alzahimer, chiamatevela come volete, sta di fatto che sono lontani i tempi di Six Songs of Hellcity Trendkill, delle cover dei Motley Crue (la versione giapponese prevedere la bonus track “New Church” dei Lords Of The New Church del compianto Stiv Bators) e dell’attitudine glamour degli esordi, ora i Private Line provano a fare sul serio, cercando soluzioni e arrangiamenti più ricercati e direi che Dead Decade è la giusta evoluzione di Evel Knievel Factor.

Sarà per motivi affettivi, ma continuo a preferirli nella vecchia veste anche se Dead Decade offre degli ottimi spunti partendo dalla title-track, per proseguire con “Heroes”, “Meltdown Town” e concludendo con “Live, Learn And Grow Apart”.

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