Uno dei brani più sperimentali nei suoi cinquant’anni di carriera in studio, Sign Of The Times combina un suono di chitarra poderoso con cori di massa e un assolo tanto audace quanto fuori dagli schemi, che ben pochi “dei del blues” oserebbero registrare. “L’ho fatto ascoltare ad alcuni fan del blues e si sono indignati” – ammette Trout – “Ma era proprio quello che volevo: volevo provocare, volevo che fosse dissonante. La dissonanza è un segno dei tempi. Il coro rappresenta le persone oppresse del mondo che urlano. In realtà l’ho scritto su un’acustica, ma la versione finale è gigantesca, e John Avila ha creato un suono di basso cupo e ringhiante. Marie, ispirata dai documentari su Bob Dylan che avevamo visto insieme, ha scritto tutte le parole”.
“L’idea per questo brano l’avevo da un po’. In parte era basato su un motivo melodico ripetuto, una sorta di canto o lamento collettivo di persone che soffrono. Come se tante persone piangessero tutte insieme. Ma, pur volendo davvero scrivere il pezzo, non riuscivo a trovare le parole giuste. Una sera Marie mi ha dato un foglio con un testo che calzava perfettamente. Non sapeva nulla della mia idea, ma in qualche modo le nostre menti hanno collaborato inconsciamente. Ho messo le sue parole in musica ed è nato Sign Of The Times. Credo che musica e testo dicano molto sul mondo in cui viviamo, ed è per questo che l’ho scelto come title track”.
Il nuovo singolo segue Artificial, uscito lo stesso giorno in cui è stato annunciato l’album. Un brano satirico e tagliente, condito dall’armonica, che critica il mondo finto che stiamo rischiando di costruire.
“Abbiamo foto artificiali, musica artificiale… potrei continuare all’infinito,” riflette il bluesman. “L’intelligenza artificiale mi spaventa. Leggo articoli su tutte le cose straordinarie che potrebbe fare in ambito medico. Poi sento Bill Gates dire che l’80% dei lavori scomparirà. E allora che succede?”
In oltre cinquant’anni da cronista sociale “da marciapiede” e autore sempre onesto e diretto, Walter Trout non ha mai detto ai suoi fan cosa pensare, cosa provare o da che parte stare politicamente. Ma in un’epoca in cui il suo Paese – e il mondo intero – sembra lacerarsi sotto il peso delle contraddizioni moderne, il nuovo album dell’icona del blues-rock americano è un urlo primordiale e una valvola di sfogo per tutti noi.
“Volevo riflettere su ciò che sta accadendo nel mondo,” spiega il 74enne. “Scrivere queste canzoni per me è una forma di terapia. Non parlano solo di cosa succede là fuori, ma di come tutto questo ti colpisce dentro. Sign Of The Times è diventato il titolo perfetto…”
Sembra che gli amplificatori di Broken (uscito nel 2024 e subito al #1 su Billboard) si siano appena spenti, ma le canzoni di Sign Of The Times non potevano aspettare: riff urgenti e immediati sono usciti dalle dita di Trout, con il supporto ancora una volta di Marie, moglie, manager e co-autrice, che ha firmato i testi di diversi brani.
“Questo album è venuto fuori con grande naturalezza,” racconta. “Avevo tantissime idee e pagine di testi di Marie. Avremmo potuto fare un triplo album.”
Con dieci nuovi brani scritti e arrangiati, Trout ha richiamato in studio la sua band: lo storico batterista Michael Leasure, il bassista John Avila e il tastierista Teddy ‘Zig Zag’ Andreadis. Le registrazioni si sono svolte agli Strawhorse Studios di Los Angeles.
Anche per gli standard di Trout, Sign Of The Times è un disco che ti porta dentro un vortice emotivo. Ma finché ci sarà musica così intensa e attuale, abbiamo ancora una possibilità di resistere.
Da eterno viaggiatore del rock, Trout porterà i brani di Sign Of The Times in tour mondiale per tutto il 2025. E in quelle due ore di concerto, le divisioni politiche e le guerre culturali si scioglieranno: la folla, anche se divisa su tutto il resto, si unirà in una comunione di anime.
Date Italiane
25 Luglio – Narcao Blues Festival
27 Luglio – Dal Misssisipi al Po Festival 2025




