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Pix by Paolo The Punisher


 

THE DISTILLERS
Venerdì 21/11/2003, Rainbow Club, Milano

Brody Dalle non ha più bisogno di chiamarsi Brody Armstrong, ormai sa camminare sulle sue gambe, ma ci sono 3 o 4 persone al Rainbow Club stasera che, come me, si ricordano che se non fosse stato per il suo ex-amato ex-marito Tim Armstrong, Brody starebbe marcendo sotto due metri buoni di terra. Queste 3-4 persone non si sono dimenticate da dove viene Brody, e durante tutte le pause del concerto le urleranno a squarciagola l'epiteto più vecchio del mondo... anche Brody non si è dimenticata da dove viene, e decide quindi con il nuovo "Coral Fang" di far smettere ai Distillers i panni di "Rancid con voce femminile" e decide di indossare quelli di "novella Courtney Love" ora che la vedova Cobain sta trovando fortuna a Hollywood.

Ci riesce la nostra? Sinceramente non lo so, e sono venuto qui al Rainbow stasera proprio per capirlo.
Il concerto è nel suo impianto irrimediabilmente punk: stacchi brevissimi tra un pezzo e l'altro, poche parole mugugnate al microfono, 1, 2, 3, 4 e via andare! Ovviamente vengono suonati principalmente pezzi dagli ultimi due cd, la hit "Young crazed peeling" arriva inaspettatamente presto, e vede una reazione esplosiva da parte del pubblico. Pubblico che comunque non si risparmia in cori, pogo selvaggio e applausi scroscianti... chissà quante ragazzine questa sera andranno via pensando "aahh... come vorrei essere come lei", e quanti ragazzini andando a letto stasera si toccheranno pensando a Lei, la Nuova Dea del Punk secondo la loro personale visione.

Esagero dite? Forse non avete bene il polso della situazione... frequentate qualche forum punk e capirete.
Tornando alla serata: i pezzi nuovi acquistano maggiore spessore: "Coral Fang", "Hall of mirrors" e il singolo "Drain the blood" che viene cantato da tutti, ma il vero macello si scatena sui pezzi vecchi: "Sing sing death house", "Bullets and the bullseye", "LA Woman" e l'orgia conclusiva di "City of Angels", con migliaia di mani alzate a cantare il ritornello a squarciagola. La band saluta e se ne va definitivamente, guardo l'orologio: appena 45 minuti di concerto... neanche i Ramones suonavano così poco, quasi uno showcase.
Concludendo posso dirvi che i Distillers sono un gruppo che live rende molto (anche grazie ad un'ottima immagine), precisi, una voce ben usata e non abusata, un gran tiro, ma non aspettatevi un concerto fatto col cuore... aspettatevi piuttosto il concerto promozionale per l'uscita del nuovo cd.
GA

 

 

HOLLYWOOD KILLERZ
6 novembre - Transilvania (Torino)

Beh, certo. Per recensire il concerto di una band glam-punk non c’è niente di meglio che uno che adora il primo album dei Tyketto. E che ha le convulsioni ogni volta che sente i Ramones. Ma, per fortuna, questa è Slam, ergo facciamo quello che ci pare, tanto ne risponde Moreno.

Quando Harry mi aveva detto che non c'era esattamente un palco, avevo immaginato un palchetto molto poco rialzato o piuttosto piccolo: mai avrei pensato che il palco non ci fosse proprio! Batteria, microfoni, spie e ampli sono tutti per terra! Per fortuna, il concerto non ne riesntirà affatto, anzi... comunque, arrivo con un buon anticipo per salutare i ragazzi, e piano piano, il locale inizia a popolarsi: vedo un po' di facce note, conosco qualche altro adepto del forum di Slam, un po' di chiacchiere qua e là, il tipico pre-concerto. Intorno alle 22:30 i Killerz accendono i motori e ci portano down to the "Liquor Store": la nuova veste glampunk calza benissimo a questa band che associa un'immagine glamourosamente perfetta ad un muro di suono potentissimo; le successive Hittin' The Star, Somewhere e Unfeelings filano via veloci mentre sono preso a fare foto, in particolare alla new entry alla seconda chitarra: una vecchia conoscenza di Slam!, ovvero Simone aka Deadend, che da il suo sporco contributo al muro sonoro della band.

Arriviamo al momento dell'unico estratto dal passato della band, una Cruel Game che i nostri riescono a rendere in linea con l'attuale sound, e che coinvolge finalmente il pubblico (freddino e non troppo numeroso, a dire il vero). La successiva Radio America è una vera figata, il pezzo migliore che ho sentito nell'intero concerto, consiglio caldamente alla band di registrarla quanto prima (se non l'ha già fatto!); il riff di Obsessed mi ricorda vagamente quello di Word Up (vecchio pezzo coverizzato dai Gun e più di recente dai raccomandatissimi *wink* Babyruth), il pezzo è un avvolgente midtempo cadenzato. Ma i Killerz non si fermano, e subito dopo pigiano sull'acceleratore con la velocissima V12, un altro pezzo che contribuisce a disegnare le nuove coordinate stilistiche della band. Band che suona compattissima e che riesce a creare un sound complessivo molto buono, nonostante le condizioni di palco - che non c'è! - non siano esattamente ottimali. Harry si arrampica sul tavolo, si rotola a terra, urla come un ossesso... un perfetto animale da palco! E gli riesce anche un bel numero da perfetto intrattenitore, che mi ha fatto morire dal ridere: "Ieri siamo venuti qui al Transilvania, e c'era lo spogliarello... ad un certo punto una tipa tra il pubblico ha preso e si è spogliata... completamente nuda!!!

Se qualcuna oggi tra il pubblico volesse fare altrettanto, beh, noi saremmo molto contenti"... e parte così l'unica cover della serata, Look At You dei Backyard Babies. O meglio, mi hanno detto che era quella, poichè l'hanno fatta talmente veloce che non me ne sono accorto!! Gran finale con l'altro pezzo noto a tutti, Love Crash (scaricabile aggratis dal loro sito, www.hollywoodkillerz.com) e, a grande richiesta dal pubblico, anche un bis.
Che dire, questa band spacca, personalmente suggerirei di inserire un po' più di melodia (specie nelle linee della voce) nel muro sonoro, per il resto complimentoni e, se vi capita, andateveli a vedere!!

Vabbè. E’ andata. Adesso facciamo che Deadend mi fa la recensione della band di cui si è innamorato ultimamente… ok, ho esagerato. Facciamo invaghito, dai. Ehi, Simo, poi quando hai finito ridammi il cd dei Tyketto, che devo prestarlo a Pacino!!
Rob'n'Roll


 

AC/DC
Carling Apollo Hammersmith, London - 21 Ottobre 2003

Non si parla d'altro nell'ambiente rock londinese: gli AC/DC inaugureranno il nuovo corso dell'Hammersmith Apollo, ora parte della catena di venues Carling Live. Biglietti in vendita a sole 10 sterline, unicamente sul sito del network, alle 9 di lunedi mattina...
Ovviamente, dove c'e' Rock Slam non puo' mancare. E quando l'appuntamento con il Rock, quello con la R maiuscola, e' a Londra, tocca alla sottoscritta, aka inviata speciale Pennylane, tenere alto l'onore del fanzinaro piu' dotato d'Italia.
Con questo martellante pensiero in testa e due tazze di caffe' davanti, il 13 ottobre mi piazzo battagliera davanti a www.carlinglive.com alle 8.30 del mattino, solo per trovarmi dalle 9 alle 9.03 di fronte a un "pagina troppo busy, riprova piu' tardi", e alle 9.04, dopo innumerevoli refresh, di fronte a un fantozziano "sorry, sold out"...
Dove c'e' Rock, Slam NON PUO' mancare, c***o! E di fronte all'insuccesso per vie convenzionali, mi lancio in una drammatica settimana di emails, telefonate, sms, diabolici piani e squallidi favori sessuali, finche' lunedi 20 ottobre verso l'una, quando tutto ormai sembra perduto e sono in pigiama contemplando l'opportunita' di una carriera da postino, il telefono squilla: appuntamento all'Apollo, 6.15 sharp, per il sound check. Fiiiuuuuu, fatta anche stavolta, Royal Mail puo' aspettare. Uso il mio + 1 per assicurarmi la preziosa compagnia della Vik e si parte.

Davanti all'Apollo, una folla di fans ci osserva curiosa mentre veniamo scortate all'interno. Dentro ci saranno una trentina di persone al massimo. Il teatro vuoto da' una sensazione di solennita', di qualcosa di grande che sta per accadere. Sul palco ancora deserto, sono gia' posizionati i cannoni e la grande campana per le coreografie, mentre i tecnici provano le luci. Un signore per la verita' bruttino ma tanto simpatico, forse uscito da qualche pub della campagna inglese, si avvicina e inizia a chiacchierare con la folla: sotto il cappellino da basket e la giacca scura oversize c'e' Mr Brian Johnston.
E dopo saluti, strette di mano, foto e autografi, salta sul palco e lo raggiungono altri giovincelli sulla cinquantina, jeans e maglietta e tanta allegria... Angus. Dio chitarrista, ho davanti Angus Young! Senza cappellino, cravatta e pantaloncini, stempiato, ma inconfondibile. Il sound-check ha inizio.
Ci guardiamo tutti l'uno con l'altro e ci sorridiamo come spastici ubriachi per tutti i 40 minuti circa di durata. Quasi tutti i presenti hanno visto gli AC/DC prima, ma questa e' un'esperienza differente. Niente salti e fuochi d'artificio, pezzi meno conosciuti, e i fantastici cinque che scherzano e ridono tra loro. Eppure, sappiamo di essere di fronte a qualcosa di straordinario, e quello che vedremo in questi due giorni ce ne da' solo vagamente la misura. "Straordinario" non descrive solo cio' che questi signori hanno musicalmente tramandato alla storia del rock: "straordinario" e' riuscire a far convivere l'esperienza dei vecchi con l'entusiasmo dei novellini ai primi gigs; "straordinario" e' mantenere la stessa invidiabile alchimia per tutti questi anni; "straordinario" e' riuscire a fermare il processo d'invecchiamento alle tempie, lasciando intaccato ogni briciolo di energia. Queste, e tante altre cose, fanno la differenza tra una band qualunque e un'istituzione del rock'n'roll.

Le due highlights della serata sono "If you want blood" e "TNT", che i fortunati presenti salutano con l'entusiasmo di un concerto vero: singalong e pugno in alto, e anche Brian entra nel ruolo come fosse gia' domani sera, incitando il pubblico, parlandoci e sorridendo compiaciuto.
E' finita per stasera, ma c'e' quella gradevole sensazione che si e' trattato solo dell'antipasto, e tutti ci lecchiamo i baffi gia' pregustando il main course. C'e' tempo di parlarne al pub davanti a un paio di drink, sognarne in una notte di meritato riposo, e prepararsi all'Evento.
Scocca il 22 Ottobre, solita ritardataria... Ma sono in Inghilterra, Paese civile e un po' ingenuo, che mi lascia tranquillamente percorrere la mastodontica fila dall'interno e raggiungere la Vik che e' quasi all'ingresso... Fatta! Ci perdiamo comunque gli Hundred Reasons come la maggior parte dei fortunati possessori del biglietto, molti ancora fuori in paziente anglosassone attesa. Pazienza. Al piano inferiore due bar e due banchetti del merchandise, presi d'assalto e praticamente irraggiungibili. Al piano superiore, il centro e' arredato con posters di tutti gli album degli AC/DC, intorno divanetti e l'immancabile bar. Mentre sorseggiamo il terzo drink, le note di "Hell ain't a bad place to be" si diffondono nell'aria: correre!! La mia combattiva socia si fa largo tra la folla del settore "standing" e riusciamo ad arrivare li dove il pogamento inizia, sara' boh, decima fila, quindicesima, non so. E non so dove guardare: a questi cinque monumentali pezzi di rock'n'roll che ho di fronte, o all'oceano di teste sudate alle mie spalle? Mi giro intorno incredula e compiaciuta, non ricordo quando ho visto l'ultima volta una moltitudine simile. E cosa ci fanno tutti li me lo raccontano ancora una volta le stesse magiche sette note, combinate in accordi stregati, che esplodono nell'incantesimo di "Back in Black". Ed e' mayhem totale. Quante altre band non esisterebbero senza questa, compresi i new sensation Darkness che, per volonta' del fato o di CarlingLive, suoneranno qui proprio domani... Quanti validi chitarristi forse non avrebbero mai imbracciato uno strumento se Angus Young avesse deciso di fare il postino... E chissa' come ci si sente a salire su un palco simile a 50 anni e non avere nulla da dimostrare, a godere dell'amore e del rispetto incondizionato del pubblico, dei musicisti e della critica, a sapere che tutti, dico tutti i presenti usciranno di qua felici e soddisfatti... Queste sono alcune delle cose che mi passano per la testa, mentre testimonio inebetita il potere assoluto della musica, senza look, fuochi d'artificio o fronzoli vari. Ed e' solo l'inizio.

Dopo la parentesi piu' recente di "Stiff Upper Lip", gli AC/DC tornano a deliziarci con perle indimenticabili del loro infinito back catalogue, ora di "Dirty deeds done dirt cheap" seguita da "Thunderstruck", pugni in alto e cervello off, da ora in poi e' solo cantare, ballare e buttarsi affettuosamente addosso ai corpi sudati circostanti cercando quanto possibile di limitare i danni fisici.
Il party continua con "Rock'n'roll Damnation" e "Hard as a Rock", portandoci verso il momento piu' "smooth" ma per nulla meno coinvolgente, "The Jack", che accompagnata dai cori del pubblico fa da colonna sonora al consueto "strip" di Angus, pezzo per pezzo fino a mostrarci il suo Union Jack underwear tra i fischi di approvazione... E cala la grande campana. Tutti sappiamo cosa sta arrivando. E' "Hell's Bells", le campane dell'Inferno, che annunciano l'ingresso nella parte decisamente piu' calda di questo memorabile show. Prima la Vik, poi un simpatico sconosciuto mi invitano a salir loro sulle spalle, e' un'emozione spettacolare ondeggiare su un'oceano di gente che poga e canta, e di fronte a me su un palco maestoso tra quattro cannoni e una campana, signori, gli AC/DC! Meglio scendere ora, le spinte si fanno piu' pesanti, "If you want blood you've got it!", e c***o, anche la Pennylane dal suo metro e mezzo comincia a buttarsi invasata sulla folla, tremi il pubblico circostante. E arriva lei, la mia prima canzone preferita degli AC/DC, "You shook me all night long", ma che accidenti di genio ha potuto fare una cosa del genere con sole sette note, spiegatemelo che non ci credo.
Con TNT si spengono le luci del palco, tra i pugni ancora alzati, il sudore e i l'aroma di birra, ma non si riaccendono ancora quelle della platea, perche' sappiamo tutti che non e' ancora finita. Non senza... quella li....
"Whole lotta Rosie", non dicevo quella ma vai, il suono della chitarra ha un che di infernale, di soprannaturale, balliamo questo rito propiziatorio, caro Angus, "Let there be rock"!! E rock sia, arriva finalmente: "Highway to Hell". Non la commento, la conoscete tutti, osservate solo un minuto di silenzio, pensatela e assaporatene ogni nota. Non si puo' andare oltre.
Si spengono di nuovo le luci, ma c'e' ancora tempo per un saluto "For those about to Rock". Sparano i cannoni, e sparano ancora e ancora... Confesso, ho gli occhi lucidi come alla fine dei due migliori orgasmi della mia vita.
Cristina Massei

 

CRACKHOUSE + POUTY LIPS
Indian Saloon, Bresso (MI) – 10 ottobre 2003

Recensire una serata live é cosa da cui normalmente mi astengo per svariati motivi, stavolta però non ci sono cazzi, lo show a cui ho assistito venerdì sera mi è entrato talmente nelle viscere che provo a fare un’eccezione. Da tempo volevo vedere in azione i Pouty Lips e quale occasione migliore di questa, abbastanza vicino a casa e per di più con i Crackhouse di cui conosco il primo demo e non ho mai visto dal vivo? Il sentore che sarebbe stata una serata speciale era nell’aria, anche grazie ai parecchi Rock’n’Roll Buddies del Forum di Slam! che si sono dati appuntamento all’Indian Saloon promettendo “fuoco e fiamme” (..promesse puntualmente mantenute ..ehehe...), quindi sistemata la bimba parto con la moglie.

Arrivati in loco dopo aver sbagliato strada come solo degli autentici mongoli sanno fare, incontro il mio GlamPunk nigger preferito, il Deadend nazionale munito di Uno Bianca tanto terrificante quanto Rock’n’Roll, e si entra nel locale dove mi viene puntualmente rifilata la famigerata tessera che ovviamente perderò con la solita svampita non-chalance ! Il tempo di chiacchiere e birre con vecchi e nuovi amici tra cui i ¾ dei Fuori Uso e Faustobaldo (tanto per ribadire che al di là di una sana competizione il supporto ed il fattore amicizia fra bands diverse ma della stessa “parrocchia” contano eccome!!) e si aprono le danze. All’entrata in scena dei Pouty Lips gli occhi si fissano sul front-man SweetMauro col suo look trasgressivo ed intrigante: spandex leopardati e giacchetta sfavillante, boa di struzzo e platforms argentati, il trionfo dell’eccesso e dell’androginia... perfetto!!

Basta l’opener “In What I Trust” per capire cosa ci aspetta, la band suona in modo compatto ed impeccabile, con l’unico difetto imputabile di essere un po’ troppo statica, ma poco importa, passano i minuti e sembra esistere solo lui, con carisma e presenza scenica veramente invidiabili. Sono come ipnotizzato dalle sue movenze, dalle pose lussuriose e dalla convinzione con cui interpreta contemporaneamente i ruoli di attore, singer e puttana d’alto borgo come si addice ad un vero Glam Rocker, basta poco per convincermi di questo: signori, SweetMauro E’ IL GLAM come lo intendo io e come nacque nei meravigliosi 70’s! Il robusto telaio sonoro attinge a piene mani dalla tradizione proto-punk NewYorkese e rende il tutto fragoroso e carico di elettricità, potenza e sensualità si shakerano in un micidiale cocktail ad alta tensione, sono le “nostre” bambole... vive, vegete e residenti in Italia! I brani vengono letteralmente vomitati in faccia all’audience, “Sali sulla mia macchina” (erroneamente annunciata come “(I Wanna Dangle) Up Your Feet” che verrà eseguita subito dopo) e “Sfregiami” fanno semplicemente impallidire il cosiddetto “Rock Italiano” – semmai siamo di fronte all’unico esempio che io conosca di GlamPunk cantato in Italiano - , la ruffiana e perversa “Blonde 16” si stampa subito in testa nonostante sia la prima volta che la ascolto, seguita a ruota dalla nuovissima “I Am Not What I Am” fresca di una settimana (una settimana, cazzo!?!) che suscita esclamazioni di sorpresa anche da parte dello zoccolo duro dei loro fans….emozionante. Vengono proposti tutti e tre i brani dell’ultimo mini CD: “Let Me Light”, “African Size” – indovinate un po’ a chi viene dedicata...ahahaha, mitico “Golden Gun””- e la mia preferita “Teenage Pills”.

Adesso mi è chiaro perché Mauro quando pensa ai suoi CD impreca e vorrebbe lanciarli a mò di freesbee, niente a che vedere quel suono cupo e malprodotto con quanto proposto dal vivo, siamo su un altro pianeta! Solo i grandi performers dei 70’s sapevano bilanciare così una carica da rocker animalesca e viscerale ad eccessi “visivi”, sculettamenti e pose androgine (memorabile il climax raggiunto con il puttanesco invito seguito da arrapante bacio di Mauro al solista Daniele; niente pose, pura e cruda trasgressione on-stage!), ‘fanculo gli 80’s, questo è il Glam!! Chiudono nel tripudio generale due cover bellissime: “The Harder They Come” dei Gang War e “Personality Crisis” che, credetemi, non penso sia mai stata eseguita così bene nemmeno dalle mitiche N.Y. Dolls. I’m totally addicted. Giusto il tempo di rinfrescarsi l’ugola e di prendere una boccata d’aria più o meno ...ehm...viziata con l’allegra combriccola, un saluto veloce ad Harry “Hollywood Killerz” KillKill e mentre siamo fuori (letteralmente!!) i Crackhouse ci prendono in contropiede, via... cazzo... hanno cominciato!! Che Kelly e co. fossero un’autentica killing-machine mi era stato detto svariate volte, e solo per una serie di sfigate circostanze non ero mai riuscito a vedere dal vivo questi prime-movers dell’italica scena (perché a dispetto di quel che pensa qualcuno la scena c’è eccome, può e deve crescere ma C’E’!!).

L’impatto visivo è quasi l’antitesi di quanto visto prima, il glamour diventa un alone quasi impercettibile e decadente, lustrini e paillettes cedono il passo al look stradaiolo “sporco e cattivo”, l’impatto sonoro è devastante e potente al punto che in qualche modo mi fa pensare agli MC5 di “Kick out the Jams”, non tanto per lo stile, basato su riffs decisamente metallici e potenti, ma per il fragore al “calor bianco”, un tiro micidiale che nel periodo d’oro potevano avere bands di “bombardieri” come gli Spread Eagle, street metal all’ennesima potenza, insomma. Mi colpisce molto come si muovono l’indemoniato il bassista J. Action e Kelly che si conferma autentico animale da palco e dà l’impressione che potrebbe sprofondargli il mondo sotto i piedi (peraltro nudi, cazzo!! se lo facevo io come minimo scivolavo, cadevo rovinosamente sulla batteria e mi procuravo una lesione spinale!!) senza che se ne accorga, un invasato che ha il DNA del rocker di razza; veemenza ed attitudine, follia e perversione, la sua voce riesce a dominare un “wall of sound” che confesso risultarmi addirittura ostico alla lunga, il timbro ricorda un Taime Downe incazzato come se qualcuno fosse aggrappato di peso ai suoi coglioni!!

Mi spiace non conoscere i brani, cosa aggravata dal tasso alcoolico in crescendo (...fosse solo quello...) che rende incompleto il resoconto e mi riprometto con Simone di prendere il CD a fine concerto, mi limito quindi a segnalarvi una lancinante ma troppo metallica “Kick out the Jams” (manco a dirlo, quasi a confermare l’impressione iniziale!), una versione al fulmicotone della title-track del primo demo “Pleasure Toy”, che esalta le doti da “screamer” di Kelly, e la conclusiva cover “You Spin Me ‘Round” dei Dead or Alive che viene letteralmente massacrata, non fosse che mi è ben nota sembrerebbe proprio essere stata concepita come Kick-Ass Rock’n’Roll. Non posso che complimentarmi con loro – e puntualmente lo faccio al bancone del bar – perché, al di là del fatto che suonano un genere un po’ troppo estremo per i miei gusti, sono bravi e professionali (e dire che non sono stati contenti del risultato....mah...). Alla fine si esce per una “boccata d’aria” ed i saluti finali agli Slammisti intervenuti e via, verso casa, cotto ma soddisfatto e, ovviamente, senza il CD dei Crackhouse che ho bellamente dimenticato!! Che minchione...
Gaetano Fezza

 

HARDCORE SUPERSTAR + BASTET
The Field, Carpaneto Piacentino – 27 settembre 2003

Eccoci qui di nuovo, insaziabili reduci di un'altra serata di sporco rock'n'roll. E siccome gli Hardcore Superstar sono una delle poche nuove realta' del settore, sono famosi solo in Scandinavia e in Italia e per tali motivi Slam abbonda di recensioni accurate e professionali, permettetemi un pezzo "di colore", in onore della nostra crescente comunita' che ha presenziato in massa l'evento.
Vorrei innanzitutto unirmi alla folta schiera di leccaculo dei Bastet ringraziandone i membri + Dr Pace per aver finalmente coronato il mio sogno di quest'ultimo anno: un viaggio nel Barbie Van. Un giorno, quando la stella del Reverendo insieme agli shorts del Ronzoni entrera' nella Hall of Fame del rock'n'roll, potro' raccontare ai miei figli di aver percorso le campagne tra Padova e Piacenza su un veicolo la cui unicita' puo' essere solo eguagliata dall'ambulanza degli Antiproduct. God Bless.

The Field si presenta anch'esso come un venue piuttosto particolare, piu' che altro perche' non e' un locale per concerti bensi un centro sportivo, nel cui agglomerato qualche lungimirante ha incluso un irish pub, un ristorante, un palco coperto e un discreto numero di tavoli e panche in legno, che alla fine risulteranno essere una scelta quantomai oculata. Nell'insieme, sembra piu' che altro il centro ricreativo di un villaggio turistico, atmosfera che mi riporta ai tempi del campeggio estivo. Appena entro nell'area pub si passa dal campeggio al motoraduno, con la massiccia presenza degli Hell's Angels (chissa' perche' non ho visto nessun incidente stasera… mah!).
Ci godiamo il resto del pomeriggio intorno ai suddetti tavolacci, mentre studio avidamente il nuovo lavoro degli svedesi sorseggiando vodka redbull in quantita' insolitamente moderata. Sound check, interviste e finalmente si aprono le porte, una fila della Madonna, rapidamente l'area concerti si riempie ed e' ora della grande tavolata Slam. Quanto mi piacciono le Slam reunion, merita una leccata di culo anche il patron Moreno per questo! Tra pizze e birre equalmente congelate e le consuete boiate si avvicina l'ora dei Bastet e corro sotto il palco…

Cosa dire ancora dei Bastet che non sia gia' stato detto? La band del Reverendo Pacino e' ormai una realta' che non puo' essere ignorata. Al di la' della preparazione, della semplicita' geniale dei pezzi, degli imperdibili siparietti del lead singer, delle esilaranti danze e slinguate dal dubbio orientamento sessuale, c'e' ben altro. I Bastet hanno quello che manca a tutte quelle band che, pur bravine, non riescono a spiccare il salto: un'IDENTITA'.
In virtu' di questo puoi amarli o odiarli, ma non archiviarli con indifferenza; in virtu' di questo, se sono la tua "cup of tea" dopo un po' non ti basta ascoltarli, ma li vuoi stampati sulla maglietta e anche sulle mutande; in virtu' di questo, consiglio assolutamente profano, si avvicina l'ora per loro di spiccare quel salto, perche' la realta' locale comincia ad andargli stretta.
Tra i pezzi eseguiti cito l'anthem "Gonna get laid tonight", le ottime "Erected" (di cui attendo con ansia il video), "Broke with a broken heart" e "Spurtin' joy" dallo split di prossima pubblicazione "Songs that will get you laid", e una delle mie preferite, la cover di "I touch myself" che sono finalmente riuscita ad ascoltare e ballare dal vivo (Maestro, smettila di ridere, ero sobria!).

Ed e' finalmente arrivato il momento degli Hardcore Superstar, che ci regalano questa one-off di presentazione della loro terza fatica "No Regrets". E' qui che entrano prepotentemente alla ribalta i tavoli e le panche del locale, che ci permettono un'ottima visuale risparmiandoci il bagno di sudore delle prime file. Di fronte al banchetto del merchandise dei Bastet, balla e canta sui tavoli una squadra di irriducibili composta da me, Gabriele, Simone e Gaetano, piu' temporanei guests che sfuggono poi verso il bar.
Malgrado il look "riadattato" e un taglio di capelli di Jocke che ricorda tristemente Ville Valo, il quartetto scandinavo non ha perso un grammo dell'energia live che li ha sempre contraddistinti. E' uno show potente e accattivante che ti fa ronzare in testa il solito vecchio interrogativo irrisolto: perche' non hanno mai sconfinato oltre casa loro e casa nostra?

I pezzi nuovi non sono all'altezza di "Bad Sneakers" ma denotano un'indubbia ripresa rispetto al secondo, che passo' praticamente inosservato e ci fece tristemente gridare alla fine degli HCSS. E va anche considerato che ci vuole un po' per farsi entrare dei motivi in testa, e' ovvio che dopo pochi giorni non possiamo ascoltare "Honey tongue" con lo stesso trasporto riservato a "Liberation". Tuttavia l'esecuzione live del singolo sopracitato e della title-track "No regrets" si fondono piacevolmente col resto, quindi chissa', magari ci entusiasmeranno di piu' a Febbraio, quando la band ha programmato di rifarci visita.

Per ora, ci godiamo il solito stravibrante trio, i tre pezzi che non hanno mai smesso di darci i brividi e farci gridare: parlo ovviamente di "Have you been around", "Liberation" e "Someone special", che valgono da sole il viaggio in questa landa sperduta. Beh, anche il torace di Jocke Berg e il pantalone trademark a vita bassa hanno un loro perche' per noi femminucce…
Si spengono le luci sul palco, e con esse le mie corde vocali straziate; tempo di socializzare ancora un po', fare qualche foto souvenir, ripararsi da tazzine volanti. Il finale e' al privee del piano superiore, per festeggiare il compleanno di un'allegra neoquarantenne che ci ha regalato diverse insperate serate come questa negli ultimi mesi, la Debbie, a cui faccio gli auguri ora perche' l'ho persa nella folla.

Ore tre del mattino, siamo rimasti in pochi; alcuni si trattengono per smaltire la sbronza e rimettersi in macchina, altri si stanno accomiatando, e si spengono le luci. Ma proprio tutte le luci. Black out, e lo staff del locale ci caccia a pedate. Sulla via del ritorno, io, Jaxx e il Reverendo scopriamo con somma gioia che il black out e' nazionale, con conseguente paralisi dell'intera rete benzinaia. Negromobile oltre la riserva sull'autostrada buia e ostile. Silenzio di tomba, tutti che nel nostro intimo preghiamo Satana. E dopo una notte di rock'n'roll come questa lui non puo' non essere dalla nostra parte: miracolosamente raggiungiamo l'autogrill, dove da veri rocker dormiremo sudati e contorti russando e sbavando fino alle 8 del mattino seguente.
Cristina Massei

 

THE QUIREBOYS + CRASH KELLY
Camden Underworld, London – 14 Settembre 2003

E' una tranquilla domenica di fine estate, consueto clima di allegro hangover post weekend. Tale premessa per dire che all'Underworld eravamo tutti un po' in ritardo fuorche' le bands. Entro pertanto per trovare i Crash Kelly gia' sul palco, e mi accosto veloce per gustarmi la seconda band di una vecchia conoscenza: Ky Anto, chitarrista dei Robin Black, stavolta al basso.
La prima impressione ascoltando l'album, "Penny Pills", era stata "non male, tranquillo, anche troppo", qualcosa che rispetto ai RB mancava di energia, rifacendosi piu' ad un sound Enuff'z'Nuff ma con meno profondita'. E' stata una piacevole sorpresa scoprire che tutta l'energia Sean e compagni la recuperano dal vivo, iniettando l'originale piacevole melodia con una verve presa in prestito da Cheap Trick e Marvelous 3.

"She gets away", brano d'apertura dell'album, e' un pezzo fresco ed estremamente catchy che fa subito presa sul pubblico, segue la piu' tranquilla title-track "Penny Pills". L'highlight dello show e' secondo me la sequenza "Love me electric"/"11 cigarettes", la prima paragonabile ai migliori episodi powerpop di Chip e compagni, e la seconda una ballad tanto scontata quanto gradevole e sorridente. A seguire la cover dei Rainbow "Since you've been gone", anch'essa inclusa nel primo lavoro dei Crash Kelly, e "I wanna be like you", energica, semplice, efficace. Dopo "Irish blessing" si chiude sulle note di "Waiting for" dei Thin Lizzy.
Commento generale: un disco carino, uno show di gran lunga migliore; da vedere, specie per i fans irriducibili degli Enuff'z'Nuff (che supportereranno in novembre nel resto d'Europa).

Lunga attesa tra Crash Kelly e Quireboys, buona per qualche drink, due chiacchiere, quattro chiacchiere, otto chiacchiere… E quando mi ributto nell'arena e' tutto pieno, che Spyke e' sempre Spyke da queste parti. Mi arrendo a seguire il concerto dalla fastidiosissima area fotografi laterale, spostandomi alla fine addirittura al bar, per una nuova "Quireboys experience". Tanto ormai li ho visti abbastanza volte, conosco le facce, i passi, la scaletta; e quella voce, quel suono sporco che si diffonde nell'aria fumosa del vecchio Underworld meritano di essere accompagnati da una bella birra alla spina in compagnia dei tuoi amici r'n'r, tra il bancone di legno e lo stand del merchandise.

Mi godo l'atmosfera, le note calde e familiari di "Hey you", "I don't love you anymore", "Sex party", qualche pezzo dal piu' recente "This is rock'n'roll", e penso che ormai mi sono fatta tre tour con i Quireboys… Fino a quattro anni fa se ne parlava come di una cosa del passato, poi il primo tour reunion, quando non volevamo parlare troppo forte, temendo fosse una one-off di vecchietti annoiati, e invece eccoci qui, ormai rilassati. Spyke e' di nuovo parte del nostro presente, ascoltare "7 o'clock" dal vivo guardando una folla di qualche centinaio che cantano e ondeggiano sembra la cosa piu' "normale" del mondo. E stavolta ci sono anch'io!
Qui Londra, Isola-che-non-c'e', terra senza tempo, dove i trend nascono e rinascono tutti insieme, al punto che di trend non ce ne sono piu'. C'e' spazio per tutti, vecchi e giovani, purche' lo meritino, come Spyke, che ancora una volta salutiamo riconoscenti fino al prossimo gig…
Cristina Massei

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HANOI ROCKS + Antiproduct
31 settembre - SHEPHERD'S BUSH EMPIRE - Londra

Adoro Londra. No, non è vero, preferisco la Riviera del Brenta ma ho comunque il dovere morale di dirlo, sennò non suona cool.
Ricomincio: ADORO LONDRA! (sorriso spalancato, sopracciglia alzate, pollice in alto)! Non mi viene in mente nessun altro posto al mondo dove abbia visto delle volpi che fanno l’amore per strada, e io resto sempre intenerito dalle manifestazioni d’amore. Manifestazioni d’amore che ho visto in dosi massicce durante lo show serale di Hanoi Rocks + Antiproduct, un MARTEDI’ sera al Sheperds Bush Empire, teatro grottesc/vittoriano che nonostante il prezzo del biglietto non esattamente economico ha visto la partecipazione di un quantitativo di persone impressionante.

Aprono la serata, all’ora dell’aperitivo (e nel mio infinito provincialismo quanto già mi mancava il mio venetissimo spritz!), gli ANTIPRODUCT, che –lo dico subito- adoro. Di gente ce n’è ancora poca...E io, contadino poco pragmatico ma disilluso, ormai al tramonto della mia giovinezza, sentenzio fra me e me che il rock è definitivamente morto pure qui… Forse un’ottantina di persone animano il parterre, sui loggioni al piano alto un altro paio di decine, e penso con raccapriccio che al confronto il Mascara Massacre sembrava Woodstock…
Comunque, mi concentro (cosa che mi riesce sempre più difficile) e guardo il concerto. Il carismaticissimo Alex Kane e i suoi Antiproduct sono una band della madonna. Non stanno fermi un secondo, hanno tre vagine in band più che guardabili e il batterista è una furia. Resto basito ai piedi del palco mentre tre dozzine di fans hardcore invasati pogano fra di loro, incitano il pubblico, toccano il suo pene e via discorrendo… Il problema secondo me è che forse succede TROPPA roba tutta contemporaneamente, seguire tutto è come avere un lavoro part time. Li ammiro ciecamente, hanno le palle quadre, ma non hanno la minima iniziativa di ruffianamento verso il pubblico presente. Le due loro hit (che tra l’altro sono i due pezzi più accessibili di tutta la loro discografia) Let’s get it on (già presente anche sul disco di Jesse Camp, che andrebbe riscoperto) e Bungee Jumping People Die, vengono dilatate, sviscerate, distrutte, portate avanti tra proclami epocali (Alex è il duce del fallocentrismo e io voglio essere il suo squadrista ziocan!) e coinvolgimento della fanbase sotto il palco… A discapito dell’ascoltatore occasionale che magari è la prima volta che li vede dal vivo e rischia di restare traumatizzato.
Comunque uno spettacolo inaudito: musicalmente sono una band difficile, e resto convinto -nel mio infinito pragmatismo contadino- che se si piegassero un pelo di più a 90 gradi e scrivessero un paio di canzoni più accessibili (cosa che sono perfettamente in grado di fare) potrebbero diventare una forza trainante anche nel mainstream. Menzione di merito per il loro furgone, che –mon dieu- è un’ambulanza! Sarà bello vederli in Italia (hint, hint!).

Poi è il momento degli Hanoi Rocks… E qui mi arrendo… Non ho fatto studi di critica d’arte e quindi non sono in grado di fare una recensione professionale, me ne rendo conto e umilmente chiedo pietà a chi sta leggendo. Però dopo anni di autoerotismo conosco bene la mia anatomia e durante l’ora e mezza abbondante di show dei finlandesi ho avuto le seguenti reazioni fisiologiche:
a) azzerazione della saliva e concentrazione delle mie secrezioni corporee sui sacchi lacrimali.
b) debolezza di prostata con conseguente cedimento dell’apparato urogenitale e inumidimento di tricipite e quadricipite femorale
c) dislocazione della mascella con atrofia della lingua e conseguente incapacità di formulare discorsi coerenti per l’intera durata dello show e la mezz’ora successiva.
d) temporaneo morbo di Alzheimer che mi ha impedito di fotografare con mano ferma lo show in essere.
Oltre a un generale istupidimento da shock che non mi ha fatto capire più niente di quello che mi veniva detto per più di metà serata facendomi parecchio sembrare un abitante di Bassano del Grappa e dintorni, con tutto il rispetto per gli abitanti di Bassano del Grappa e dintorni tranne un paio. COMUNQUE: da fanatico degli HR ero andato allo show con l’intenzione di NON perdonare ad Andy & Michael di aver permesso l’ingresso nella band di mezzifiguri come sto Costello, che vedrei meglio alla Trattoria Piave, e nonostante la mia prevenzione censoria devo dirlo: ho assistito a una manifestazione di genio. Michael Monroe è stato INDESCRIVIBILE. Chi li ha visti in altre date di questo tour mi ha detto che non è stata la sua serata migliore, il suono se vogliamo era pure piuttosto fangoso per cui ogni tanto spariva, ma c’ha un qualcosa che lo rende semplicemente la cosa più carismatica su cui abbia mai appoggiato gli occhi. Se non fosse che non ho erezioni dal ’98 ci avrei provato, a fine concerto. Ha un dinamismo onstage che nessuno, compresi i quindicenni, ha. Rende interessanti anche quel paio di canzoni bruttine tirate fuori da 12 shots on the rock. Una cosa bellica. Per non parlare di Andy McCoy, relativamente in forma e che grazie ai suoi spettacolari denti nuovi ormai sembra un incrocio tra Keith Richards e Johnny Depp in versione tzigana, chiaramente dopo un orribile incidente.

A questo punto della serata il teatro è stracolmo di gente che canta invasata… E la cosa commovente è che canta con la stessa intensità le canzoni nuove così come i grandi classici che vengono sciorinati uno dietro l’altro… Oriental Beat, blablabla… Il teatro sembra stia per crollare quando fanno Don’t you ever leave me, ma con la stessa intensità la dozzina di centinaia di persone presenti canta pure People like me… Insomma, uno sfoggio di forza, classe, carisma, hit singles, che fa SCOMPARIRE qualsiasi band abbia visto in azione quest’anno…E che a mio avviso propone gli Hanoi Rocks assolutamente non come ennesima band di vecchie scoregge a caccia dei soldi per il fondo pensione, ma come una realtà che è tornata a riprendersi quello che le spetta… Lo dimostra l’estatica partecipazione popolare (l’affluenza di pubblico in genere è stata MOLTO più alta che nell’altro tour)… Il loro video è pure #13 in classifica…
Al terzo bis (Taxi Driver) è comparso sul palco anche Acey Slade dei Murderdolls, ormai una presenza fissa dei club di londra, con Michael che ha provato ad esibirsi dietro i tamburi mentre il questionabile batterista si è cimentato alla voce… Il momento più difficile della settimana, per i miei poveri intestini.
Da menzionare anche il notevole aftershow, con bei nomi come Kory “simpatia” Clarke dei Warrior Soul/Space Age Playboys, i già menzionati AP/Andy McCoy/Acey Slade e altre divinità locali…
Comunque, in definitiva (e con questo ringrazio e mi congedo): il Rock NON è morto, il Rock STA bene, il Rock è buono! Chiaro?
Pacino

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MASCARA MASSACRE
Padova, 3 – 4 settembre 2003

Buongiorno.
Devo preparare un report per la due giorni glam rock chiamata MASCARA MASSACRE, tenutasi in quel di Padova presso il leggendario Banale. Siccome il Golden Gun non mi ha dato istruzioni specifiche al riguardo, se non di essere elegante ed evitare blasfemie, la prendo larga e comincio parlando un po’ dei cazzi miei.
Adoro la Gramigna della Piave, il filetto al pistacchio del Piccolo Rifugio e la mia maglietta della Atari. Adoro anche i film della Troma e il video di Braking the Law dei Judas Priest. Ma la cosa che DAVVERO adoro è vedere che c’è gente che non si tiene la testa infilata su per il buco del culo e combina qualcosa utile per tutti ancor prima che per se stessi. Stiamo oltretutto parlando di un ambiente malsano, eh, dove il motivo principale per il quale ci si infila è scopare il più possibile (fallendo miseramente quasi tutti), far soldi (fallendo miseramente tutti) e tirarsela (riuscendoci tutti quanti). Un parrocchietta, oltretutto piuttosto spopolata, che vanta pure dei personaggi di contorno che autoproclamatisi deus ex machina\guru\johnkalodner finiscono col tirarsela più di tre quarti delle band con le quali hanno a che fare.
E comunque sempre meno di me e del Carmen Ronzoni.
Dilettanti.
Vabbè, dicevo:
superata la boa di metà anno, fare un bilancino è d’obbligo. Per la scena si sta rivelando un anno molto buono, con un sacco di vecchie glorie e parecchie band “nuove” in tour in italia e tutte le band nazionali piuttosto attive. Le webzine di settore sono cresciute, anche quelle più metallozze hanno finito con l’occuparsi di questa ondata rock’n’roll e perfino la stampa “ufficiale” inizia a parlarne con continuità. Chiunque abbia assistito almeno una volta ai miei spettacolari sermoni sa come la penso: mandiamoci a cagare, stiamoci sui coglioni gli uni con gli altri ma facciamo le cose INSIEME, e chissà che dal nostro circo di travestiti non saltino fuori perlomeno i nuovi Shandon, in termini di riscontro economic/popolare.
Dunque. Dicevo, nel mio zoppicante ma fascinoso preambolo, di quanto ADORO la gente che non ha la testa su per il buco del culo. Kelly dei Crackhouse come sa bene chi lo conosce è uno di questi e il festival organizzato al Banale Estivo di Padova ne è la riprova. Il Veneto, oltre ad essere bellissimo, si sta rivelando anche una specie di Orange County del rock’n’roll, e questa kermesse di due giorni che ha goduto di un’affluenza di pubblico mostruosa è stata la dolce conferma che anche il pubblico pagante si è ripreso dalla malinconoie alla Kurt Cobain e ha voglia di vedere chitarre che volano, sentire canzoni a base di ohyeah e tastare pacchi belli turgidi… Il risultato è stato entusiasmante anche per la confortante presenza di facce giovani tra le band, e per il consueto elemento di debauchery del quale non posso parlare in pubblica sede (mio nipote di sette anni legge slam, e ho chiaramente delle responsabilità nei suoi confronti) ma che ha reso, come dire, “flamboyant” tutto l’happening.

Ad aprire la kermesse il primo giorno i padovani PINK LIZARD. Ora, potrei parlarvi per ore con perizia e professionalità della copertina del loro demo, o del pene del loro batterista, ma qui devo parlare di musica e non posso farlo con altrettanta bravura. Però, che bravi! Si evince chiaramente che ognuno di loro ha influenze sue ma che bene si amalgamo e già da adesso (sono in giro da pochissimo) emerge una personalità “loro”. Il chitarretta (che è un asso) è moooolto class metal (sono ancora shockato dalla sua chitarra verde, ziocan) e caratterizza molto il suono della band, l’elemento glam lo porta più che altro il cantante che ha una voce splendida, pulita e potente, e deo gratias un ottimo inglese. Ho il loro cd da un tot di tempo, e un pezzo in particolare, "Another Town", è stabile nella mia top ten dell’anno. Intendo la top ten assoluta! Mica cazzi, la top ten del mahatma. Per la precisione, sta tra “A chi la darò stasera” di Nadia Cassini e la sigla del TG4. Bravi!
Note di merito in particolare: gran tecnica, pezzi costruiti bene, e il cantante ha una bellissima voce.

Secondi a esibirsi i Side One. Come son saliti sul palco, il pubblico è ammutolito: puro travesta-rock testosteronico e caliente. Bellissimi, dio li fulmini, ragazze in estasi e mamme terrorizzate. Hanno una presenza scenica fantastica, Nikki sembra il cantante dei Dead or Alive quando ancora aveva il pene e uber alles sfoggiano una scaletta composta interamente da pezzi loro. Sono in giro da pochissimo e già sono straconvinti e straconvincenti. Oltretutto hanno appena pubblicato un album (la cui recensione spero di vedere presto su queste pagine) che ho appena cominciato ad ascoltare e che prosegue la tradizione veneta inaugurata dai Babyruth di vendere i propri cd a pochi soldi: nello specifico 3 Euri, diobono! Non prenderlo a sta cifra è un’eresia da inferno dantesco, quindi clairement lo raccomando anche ai non veneti. E non si può non amare una band che ha un pezzo che si chiama Porno City, ziocan!
Punti a favore: look totale, attitudine magnum, soluzioni originali.

Chiudono la serata i Crackhouse: Kelly e la sua band a Padova sono un’istituzione, quindi chiaramente una grossa percentuale del folto pubblico è qui per loro. La band non delude le attese, show adrenalinico a mille con tanto di sporcacciona che distribuisce fra i presenti Cazzodollari e Rose finte con mutanda incorporata: grandiosi! Oltretutto la loro versione di "You Spin Me Round" dei Side… Ehm, dei Dead or Alive batte quella dei Gemini Five 30 a 0.
I Crackhouse in questo periodo stanno promuovendo il loro ultimo EP, “The damage ‘03”, che sta ricevendo strepitose recensioni ovunque e che è disponibile a prezzo veneto presso il loro sito, www.crackhouse.biz.

Il giorno dopo le danze le hanno aperte i LOVIN’ DOLLS, che suonano a mio parere uno street metal molto moderno con dei pezzi davvero interessanti. In particolare mi ha impressionato moltissimo (oltre al livello globale di charme & sensualità che pare molto alto nelle nuove giovani band) il cantante, che ha una voce teenage-incazzoso a metà tra il vocalist degli Spread Eagle e quello dei Bang Gang. Ho il loro cd (disponibile a prezzo più che veneto –gratis!) da un po’, la registrazione per loro stessa ammissione dà un nuovo significato alla parola “casalinga” e a causa di sta cosa non mi ero accorto di QUANTO fosse bravo. La band gli sta dietro alla grande, però lui davvero m’è piaciuto un sacco. Ed –lo ribadisco- essendo che io non capisco un cazzo di musica, fossi in lui mi preoccuperei.
In detto CD, tra l’altro, c’è un pezzo che è in heavy rotation da quando ce l’ho, si chiama “you can’t kill rock’n’roll” e ve lo consiglio senza riserve.

E’ toccato poi ai BABYRUTH, che –raccomandati come sono- non hanno bisogno di ulteriore presentazione. I commenti comunque li spreco: solito show sopra le righe, esecuzione impeccabile, Alex e GG reffano di brutto, Max vocalista della madonna, Poldo idolo personale, Tony finocchio, canzoni loro che ormai per chi li segue sono dei classici più un pezzo nuovo, “Rock me on”, che se satana vuole imparerete presto a conoscere a sangue e una cover degli ACDC pressoché PERFETTA. Ormai parlarne bene mi dà profondamente sui nervi, quindi chiudo qui raccomandando per chi ancora non ce l’avesse il loro cd, sempre a prezzo veneto (1€) sul loro sito.
www.babyruth.it Quest’autunno et inverno faremo un tour insieme, sarà divertente continuare a vederli sprofondare in questo baratro di omosessualità molesta che si stanno scavando da soli…

E poi hanno suonato, ballato e professato i Bastet…. Non vi sto a massacrare i coglioni anche in questa sede chè tanto con la schedule tipo marines che ha approntato il Dott. Pace per l’autunno vi usciremo definitivamente dagli occhi (e poi ormai lo sanno tutti che il furgone più cool l’abbiamo noi e che di Rufus ce n’è uno solo, grazie a dio), ma ne approfitto comunque per un po’ di shameless plug… A parte il 7” picture con "Gonna get Laid/Try a Pariah", vi omelizzo che da metà ottobre sarà regolarmente in giro uno split cd con gli svedesi PLAN 9 che si chiama SONGS THAT WILL GET YOU LAID, edito da DECIBEL RECORDS e distribuito da VENUS, e se il vostro macellaio di fiducia non ce l’ha sparategli alle ginocchia… E contrariamente all’etica veneta di vendere i proprio manufatti a prezzo veneto, sia il vinile che il cd costano e costeranno prezzo pieno… Perché?, qualcuno si chiederà. Ma perché per metà siamo terroni! Eh, i vantaggi del melting pot.
In ultimis, abbiamo sempre dello strepitoso merchandise in vendita sul sito www.bastet.tv e un sacco di conti da pagare. Coraggio! Un po’ di comunismo, god stomach. Un po’ di magliette voi, un po’ di soldi noi, un mondo migliore.

Bene, sono stufo; ringrazio tutti quelli che hanno letto fin qui, Kelly per la splendida iniziativa, i tecnici e fonici del Banale che hanno fatto un lavoro ECCELLENTE, Moreno per lo spazio, tutti quelli che sono venuti, le polacche presenti, quelli che non sono venuti e soprattutto la mia mamma per avermi fatto così.
Buonanotte.
Mahatma Pacino

 

Ho fatto il diavolo a quattro per poterci essere, ho tirato bidoni, rimandato impegni, insomma, ho rotto le palle a mezzo mondo e a naso mi sono giocata un paio di amici, ma, ragazzi, questa prima edizione del Mascara Massacre è stato un evento!
Arrivo a Padova mercoledì, cielo terso ma freddo bestia, ops… l’albergo fa cagare, ovvio che me ne potevo permettere uno meglio, ma gli alberghi devono essere squallidi e infestati di gentaglia, sennò non fa rock’n’roll… pomeriggio da turista, cena a pizzette fredde, eppoi un macchinone nero di quelli che devi saltare per scendere mi passa a prendere: a bordo un Kelly agitatissimo, che fra il suo concerto di stasera e tutte le pugnette dell’organizzazione ha un bel da fare, e un Pacino che grazie a Dio c’ha l’auto col cambio automatico, visto che sta sempre al telefono! Delinquente! Si arriva giusto in tempo per il primo concerto, i Pink Lizard: mi pare che l’età media sia decisamente bassa, e questo rende la loro capacità tecnica sorprendente, concerto bello davvero, poche sbavature e professionalità inaspettata, il genere è glam morbido, di quello che tende all’AOR, e che di solito mi provoca profonde crisi di sonno, ma non stavolta; c’è qualcosa, nella composizione dei pezzi, fra l’altro molto buona, che ricorda la sinuosità dei Lynch Mob. Non fatevi ingannare da dichiarazioni d’intenti come la maglietta degli Enuff Z’Nuff del cantante, la grinta c’è, eccome… però sono una glamster, quindi proprio lo devo dire: ragazzi riflettete seriamente sul vostro look e sulla presenza scenica, perché c’è un bel po’ da fare, ma niente paura, nulla di irrecuperabile, avete tutto lo spazio per migliorare… Discorso opposto per i Side One, il secondo gruppo a salire sul palco. L’attitudine c’è, il look è perfetto, sanno stare sul palco come consumate rockstars, e non è da tutti; il concerto, però, è poco curato, i suoni sono tremendi e a tratti sembra di vedere un concerto hardcore; ho sentito il cd, i pezzi sono belli, molto Motley Crue ma con una certa originalità, però bisogna dare una ripulitina al tutto. Insomma, due belle promesse, se questo è solo l’inizio, possono veramente fare grandi cose.

Fine serata in gloria, Crackhouse oramai eletti a icone, sono la radice e la linea guida di tutta la scena di queste parti, ci hanno fatto passare un brutto quarto d’ora con la storia dello scioglimento, ma per fortuna la crisi è rientrata, e sembra quasi che sia servita a migliorare le cose, concerto ottimo: Kelly è IL frontman, il gruppo è incazzatissimo e non ce n’è per nessuno.
La gente è tanta, e c’è l’atmosfera da evento, quella strana sensazione che pare rendere reale lo spazio mentale della Mystery City, avvolti dalle canzoni di Hanoi e Motley, io vivo per queste cose!
E ovviamente, vi pare che manco il secondo giorno? Fa meno freddo, la gente è ancora più di ieri, tanto che faccio fatica a trovarmi un posto da cui guardare i concerti… iniziano i Lovin’ Dolls, santo cielo mi sono commossa! Ragazzi giovanissimi, ma che proprio hanno capito tutto, fanno una cover degli Hardcore Superstar che sembra sia stata scritta apposta per il loro cantante, una dei Backyard Babies che francamente gli consiglierei di eliminare e una manciata di pezzi di loro composizione che ricordano più gli anni ottanta che il nuovo glam. Dotati di un bassista monomaniaco di Nikki Sixx, i ragazzini presentano un look curato e grinta da vendere, ah, certe cose mi scaldano il cuore! Caciaroni quanto basta tecnicamente, ma chi se ne frega, lasciateli fare, e vedrete, vedrete…!!! Dei Baby Ruth dirò cose noiose e ripetitive… è che può sembrare che io sia troppo buona, ma che ci posso fare se sono tutti dei grandi? I Baby Ruth stasera hanno dato un bel calcio in culo a tutti quanti, hanno fatto un concerto che ha sfiorato la perfezione assoluta, nel giro di pochi mesi sono diventati un gruppo che non sfigurerebbe sul palco degli Aerosmith… ,che dire, alla faccia delle giovani promesse!!! Quando vedi il tuo terzo concerto degli Hardcore Superstar, (per carità, bravi eh!), ti rompi le palle, questi invece li ho visti quattro volte ma sono da pelle d’oca: frontman con un gran stile e chitarrista che suona con ogni muscolo del corpo, coi denti, con lo stomaco… meglio dei Backyard Babies! (ma che resti fra noi, in rispetto alla loro gavetta). I Bastet, vabbè, ormai, ve l’aspettate, no? Ovviamente grandi, Pacino ha il carisma di uno che se volesse potrebbe fare il dittatore, Carmen Ronzoni è uno spettacolo per gli occhi e va come un treno… questa è davvero gente dello spettacolo, il vero spirito glam di quelli che vivono solo quando sono al centro dell’attenzione, e loro fanno di tutto per ottenerla, bel concerto, e questa non è una sorpresa per nessuno, ma vorrei soffermarmi su quella che secondo me è una ragione non secondaria del loro fascino: sono delle stars, e con che stile...

Beh, fine della serata, me ne vado a nanna felice e contenta, due giorni favolosi, concerti di qualità, bella gente…a tutti quelli che dicevano che il glam non ci sarebbe più stato, perché i tempi sono cambiati e non era musica seria e gne gne gne bla bla bla… fanculo! Il glam è vivo, incazzato ed elegante, con la classe e la rabbia di sempre…e la favola continua!!!!
Damn Doll

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