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The Last Bandit

Last Bandit
Per il sottoscritto i Last Bandit sono uno dei gruppi più credibili che la scena milanese ci potesse regalare tra la fine degli anni 80 e la metà dei 90. Approfittiamo della disponibilità del frontman Rudy, per parlare della loro storia, del disco uscito per la Soul Survive Records e dei concerti di spalla a Dogs D'Amour e Litfiba.

Per il sottoscritto i Last Bandit sono uno dei gruppi più credibili che la scena milanese ci potesse regalare tra la fine degli anni 80 e la metà dei 90. Approfittiamo della disponibilità del frontman Rudy, per parlare della loro storia, del disco uscito per la Soul Survive Records e dei concerti di spalla a Dogs D’Amour e Litfiba.

Ciao Rudy, grazie della disponibilità. Parto subito con il chiederti che effetto fa avere un album tra le mani? 

Un effetto strano…

…saliamo un attimo sulla DeLorean e torniamo un attimo indietro nel tempo: come sei diventato musicista e qual è stata la scintilla che ti ha fatto innamorare della musica?

La musica è il luogo dove chi si sente diverso non si sente solo.

Su un vecchio articolo di Hard! ricordo ancora una tua intervista dove citavi Bukowski e Orwell come fonte di ispirazione, chi erano e chi sono tutt’ora le cose che ti fanno venir voglia di prendere la chitarra in mano e scrivere una canzone?

Scrivere è un mix di ispirazione consapevole, quindi esperienze. Chi ami, cosa leggi o ascolti, abbinata alla capacità di agganciare quello che ti vola sopra la testa, di cui fino ad un attimo prima non eri consapevole.

The Last Bandit

Nel 1988 nascono ufficialmente i Last Bandit, da chi è nata l’idea e com’è stata la genesi che vi ha portato per la prima volta sul palco?

Onestamente non è facile ricordare i particolari ma io e Rena suonavamo in una band e Delgi e il Pè in un’altra. Ad un certo punto abbiamo deciso di unirci perché stavamo bene insieme e condividevamo la passione per la stessa musica.
Ci mancava un cantante, l’abbiamo cercato con l’idea di trovare una voce più distante possibile da quelle un po’ epiche che andavano nel rock italiano di quei tempi.
Cercavamo una sorta di Rod Stewart ma non l’abbiamo trovato, così ho iniziato ad abbaiare io. Agli altri andava bene e così è nata la nostra line-up.

Last Bandit

Quali sono le esibizioni che porti nel cuore? C’è qualche aneddoto – che possono leggere anche i vostri figli/moglie/amanti – che si può raccontare?

Di aneddoti potremmo scrivere un libro ma tra quelli raccontabili alcuni sono stati particolarmente divertenti, almeno per noi.
Ricordo Rena, in un concerto e Rimini, mettere un piede su una cassa spia che agendo da catapulta lo ha fatto volare contro i tavoli delle prime file, che ammutolite dalla paura lo hanno visto alzarsi con mezza pinta rotta in mano, contenente ancora un po’ di birra, e camminare zoppicando verso i bagni.
Oppure ricordo il Delgi che cade in un buco del palco del Sorpasso e dalla voragine riesce a suonare il rullante tenendo il tempo.
Ma anche la volta che in un raduno di Bikers qualcuno di noi ha avuto la malsana idea di iniziare a sputare in alto per gioco così da far correre via gli altri per evitare il regalino ma alla fine ci siamo trovati un gruppo di spogliarelliste infuriate visto che dovevano andare sul palco dopo di noi per il loro show. A nostra parziale discolpa non eravamo stati informati del loro show…

Ahahha! Peccato essermeli persi… tra l’altro mi sono perso anche il vostro concerto di spalla ai Dogs D’Amour, riesci a farmi una cronaca veloce di quella giornata?

Il concerto è stato emozionante, eravamo a casa nostra, con uno dei gruppi che ammiravamo di più, davanti a oltre 1.000 persone, diverse delle quali con nostra sorpresa cantava le nostre canzoni a memoria.
Con i Dogs è stato feeling immediato, siamo stati benissimo dalla prima sera, dove siamo stati praticamente buttati fuori dal Prego alle prime luci dell’alba, dopo aver preso possesso del bar a locale chiuso.
Il giorno dopo a Rimini hanno deciso di lasciare a noi il soundcheck, sorprendentemente avevamo retto meglio di loro la serata precedente.
Un paio di anni dopo sono venuti a trovarci Tyla e Bam mentre eravamo in studio a registrare Blue Candy Daylight, credo che esista ancora una registrazione di Tyla che prova a registrare una traccia di chitarra in “Small Town“, ma il tasso alcolico era molto alto e il risultato un filo meno.
La nottata è finita a casa di Rena a chiacchierare tutti insieme davanti a spaghetti, vino e altro…

The Last Bandit

Avete aperto anche per i Litfiba…

Quella serata è stata merito di Claudia Nico, che in quel periodo faceva la nostra manager e aveva fatto ascoltare il nostro demo all’allora tour manager dei Litfiba, impegnati nel tour che aveva decretato il loro definitivo salto di popolarità.
Lui lo ha fatto ascoltare a loro che hanno apprezzato, così ci siamo incontrati all’Hollywood di Milano per una serata insieme, al termine della quale ci hanno chiesto di unirci a loro nella data seguente.
Del concerto ricordo un grande teatro gremito di persone, l’impossibilità di fare un semplice soundcheck, gli amplificatori ancora staccati quando siamo saliti sul palco e il loro servizio d’ordine che non faceva alzare le prime file per venire sotto al palco. Blocco che siamo riusciti a rompere in parte con “Great Balls of Fire“.

 

The Last Bandit

Spesso, forse per comodità, si tira in ballo proprio il gruppo di Tyla per descrivervi, ma è evidente che le vostre radici musicali vanno ben oltre… ci sento molto gli anni 60 e 70, il rock and roll più genuino, il blues, il soul, il southern, ma quali sono stati i vostri idoli e quali erano i negozi di musica o i locali dove vi ritrovavate per le vostre scorribande e per parlare di musica?

Tieni conto che tutti noi siamo stati ragazzini innamorati dell’Hard Rock e Metal anni 80, in quel contesto ci sono state diverse esperienze che ci hanno formato singolarmente e di conseguenza come gruppo: la prima tra questa è stata l’ascolto di un DJ radiofonico e il suo programma. Mi riferisco a Marco Garavelli. Tutti noi abbiamo ascoltato affamati e appassionati la sua voce e le sue proposte. Sono sicuro che nelle nostre cantine si potrebbero ancora trovare cassette di canzoni che abbiamo registrato dal suo programma, di gruppi che abbiamo ascoltato per la prima volta grazie a lui.

…mi ci metto anche io, Garavelli è stato parte della mia formazione musicale, non smetterò mai di ringraziarlo. Scusami la parentesi…

…Poi ci sono stati 2 negozi di dischi.
Poco più che bambini c’è stato Transex, il raduno dei metallari dietro Piazza Duomo, luogo popolato da una delle più straordinarie faune umane che io abbia mai incontrato.
Per venire poi a Mariposa, dove la fauna era meno variopinta ma non meno interessante e i nostri ascolti musicali iniziavano ad arricchirsi delle influenze più diverse.

Parliamo di “Lost Tapes”, un disco che raccoglie i vostri due demo, a proposito perché “The Blue Candy Daylight” non è mai stato pubblicato ufficialmente?

Alcune cose rimarranno senza spiegazione.

 

The Last Bandit – Lost Tapes 1989-1996

 

So che si è scelto di intervenire il giusto sul remaster dei demo per non perdere il feeling originale dei pezzi e su consiglio di Federico Martinelli (presidente della Soul Survive Records), di inserire un’inedita, “Love”… quanti brani avete ancora nei cassetti? Esiste anche del nuovo materiale?

Di roba vecchia credo che ci siano ancora diverse cose ma di qualità audio più scadente.
Mentre negli anni passati abbiamo scritto e iniziato a registrare 14 nuove canzoni, tra l’altro presentate dal vivo in alcuni concerti reunion che abbiamo fatto ma poi la pandemia ha bloccato tutto e noi non brilliamo in velocità.

Cosa mi dici dei brani del disco e dei due singoli estratti?

Young Rebel” e “Rattle my Snake” sono state 2 delle canzoni che hanno segnato la prima parte della storia dei Last Bandit e come sempre in questo caso è chi ascolta a decidere cosa sia significativo, possiamo tranquillamente dire che ben rappresentano l’attitudine e anche la spensieratezza di quel periodo.
Jesus Loves the Bandits” è una altra delle canzoni che potremmo inserire nel lotto di quelle importanti e segna una evoluzione sia a livello musicale che di testi.
Ognuno di noi ha una sua canzone preferita ma quelle 3 forse sono quelle che hanno toccato di più il cuore di chi ci seguiva.

 

Nel vostro disco troviamo diversi ospiti, tra cui anche parte delle Lipstick (per chi non le conoscesse, gruppo tutto al femminile prodotto da Red Canzian dei Pooh e con una presenza a Sanremo), come sono nate queste collaborazioni?

Frequentavamo gli stessi locali, ci incontravamo ai concerti e in qualche caso uscivamo insieme. Tieni conto che all’epoca avevamo la fama di essere un po’ burberi; quindi, facevamo amicizia con le persone che andavano oltre la superfice e dobbiamo ringraziarli ancora di questo atto di buona volontà.

Mi ha sempre incuriosito la scelta di riproporre una cover di un gruppo poco conosciuto come i Godz…

Ascoltavamo veramente una valanga di musica, volevamo fare un pezzo non conosciuto e distante dalle altre canzoni di “Vicious“.

Le vostre esibizioni live sono sempre state caratterizzate dalla presenza di cover di artisti come Jerry Lee Lewis, Hendrix, Rolling Stones, Georgia Satellites… se avessi la possibilità di registrare un disco di sole cover (cosa molto in voga in questi ultimi anni) che pezzi sceglieresti e perché?

Hai ragione abbiamo suonato Stones, CCR, Mink Deville, Prince, Tom Waits, Ted Nugent, Hanoi Rocks, Commodores, Jerry Lee Lewis, Beatles, Bo Diddley.
Insomma, dal rock and roll, al blues fino al soul, chiaramente a modo nostro.
Scegliere oggi una scaletta di cover non sarebbe facile ma se invece dovessimo pescare dai dischi che sono usciti in quegli anni prenderemmo qualcosa da “Land of Salvation and Sin” dei Georgia Satellites, dai primi 2 dei Dogs D’amour, da “Young Man’s Blues” dei Rock City Angels, dai Circus Of Power, sicuramente dal primo degli Havalinas e una canzona qualsiasi da qualsiasi disco abbiano fatto gli Hanoi Rocks di Michael Monroe e Andy McCoy.

Il grande Beppe Riva ha appena scritto su di voi: “È il Grande Spirito del selvaggio rock’n’roll che si perpetua anche nell’immagine dai riverberi western del Last Bandit, una leggenda di nicchia dell’underground italiano” …underground… cos’è che non ha funzionato secondo te o cosa mancava ai Last Bandit per passare al livello successivo?
Cosa c’è di vero nelle voci che una grossa etichetta italiana sarebbe stata interessata a voi, ma solo nel caso in cui si fosse passati al cantato in italiano e a un look meno “forte”? Solo una leggenda metropolitana?

Innanzitutto, è stato emozionante leggere quelle parole.
Il grande spirito del selvaggio rock and roll”, quello lo avevamo e avevamo anche grande passione, il talento non sta a me dirlo.
Alla maggior parte di noi mancava la mania, l’ossessione per una sola cosa che ti spinge ad andare oltre qualsiasi situazione, quando il tuo obiettivo diventa più importante di ogni singola azione e ti permette di accettare che quello che è necessario è sempre più importante del resto.

Noi invece volevamo tutto: fare grande musica ma senza che nessuno che ci mettesse bocca, volevamo scoprire quella che ancora non conoscevamo, volevamo leggere grandi libri, andare al pub a bere e parlare fino alla chiusura, andare al cinema per scoprire nuovi film e nuovi modi di raccontare una storia, volevamo viaggiare, scoprire nuovi cibi, andare all’Ippodromo a giocare ai cavalli, studiare e pensare anche ad avere relazioni sociali stabili.
Soprattutto non accettavamo di fare niente che potesse annoiarci, con la conseguenza che spesso lasciavamo fuori dalla porta la disciplina.
Come puoi capire troppa roba.
Poi tra i tanti errori uno è stato da manuale: lasciare che le decisioni fossero prese all’unanimità. Neanche i Beatles ne sono usciti vivi…
Comunque si abbiamo avuto diverse Major interessate a noi e lo scoglio era l’imposizione dell’italiano.

 

Ad un certo punto avete provato anche la carta del cantato in italiano quando vi siete “trasformati” in Porto dei Santi, cosa mi puoi dire su questa parentesi?
È in qualche modo legata alla leggenda di cui sopra?

Abbiamo deciso di cantare in italiano quando abbiamo pensato che avremmo potuto raccontare le nostre canzoni in questa lingua, le proposte discografiche le avevamo rifiutate già tutte prima.
Non è un vanto ma a qualsiasi approccio e/o proposta che ci imponeva condizioni abbiamo sempre risposto con un NO senza trattativa. A proposito di errori…

 

The Last Bandit
Rudy

In questi anni avete fatto diverse reunion, ce ne possiamo aspettare un’altra per festeggiare l’uscita del disco?

Si speriamo di sì e di riuscire a farle senza deambulatori…

Con o senza deambulatori, non vedo l’ora…

Photo by Barbara Caserta

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