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Jack Russell’s Great White “He Saw it Comin’”

jack russell's great white he saw it comin
Il grande squalo bianco ha partorito un piccolo squalo che sicuramente con il tempo crescerà e diverrà letale come il genitore

Ne ha passate tante in vita sua Jack Russell, alti e bassi, su e giù, come un ottovolante ma dopo tanti anni, quello che la vita gli ha donato sotto forma di voce spettacolare e unica, fortunatamente non gli è stata tolta… anzi, è ancora là, roca ma pulita e con un’espressività che nel genere non ha uguali.

Dopo essere salpato definitivamente dal porto sicuro che era la sua band madre, Jack ha portato in dote nel suo nuovo progetto il vecchio “monicker” dello squalo bianco in aggiunta al suo nome, come un cordone ombelicale virtuale che lo lega indissolubilmente alle sue radici.

La scissione definitiva con il troncone storico dei Great White è avvenuta dopo la pubblicazione nel 2009 del discreto “Rising” (sempre su Frontiers) e all’inizio di questo decennio Jack è sprofondato nell’ennesimo baratro fatto di droghe e alcool. Decisosi a dare una pulita definitiva alla sua vita e tornare alla carriera solista lasciando in mano a Mark Kendall e Michael Lardie i Great White storici.

Ora, la fagocitante Frontiers si incorpora pure l’ex vocalist nel suo carnet e pubblica questo album dove vengono confezionati 11 canzoni molto eterogenee per feeling e atmosfere legate insieme in modo egregio grazie alla voce riconoscibile fra mille di Jack “Mr. Great White” Russell (…non me ne voglia il pur bravo Terry Ilous che ha fatto uno splendido lavoro con il sorprendente  “Ilation” del 2012 ma Jack Russell è e resterà sempre l’unica inimitabile voce del “Grande Bianco”.

Jack si riunisce per questo progetto all’amico di vecchia data, non che ex bassista degli stessi Great White, Tony Montana che si occupa stavolta delle chitarre e delle tastiere insieme all’altro chitarrista Robby Lochner. La sezione ritmica completa la band con il drummer Dicki Fliszar ed il bassista Dan McNay.

Jack insomma pesca a piene mani a 360°nell’ampio ventaglio musicale non dimenticando mai le solide basi hard blues con cui è nato ed è poi diventato famoso. L’inizio non potrebbe essere migliore con la melodia blues rock di “Sign Of The Times” che ricorda da vicino i momenti migliori del “Grande Bianco” mentre il funky sudato e bollente di “She Moves Me” regala un altro pezzo di qualità sopraffina… proprio niente male come inizio! Sculettante l’hard blues ciondolante di “Crazy” che ricorda gli Aerosmith più commerciali e paraculi. “Love Don’t Live Here” è un classico brano lento ma vigoroso alla Jack Russell, armonicamente costruito intorno alla sua voce.

La melodia invece di “My Addiction” è abbastanza anonima e scivola via lasciando spazio alla tenue ballata “Anything For You”, sussurrata dalla calda voce di Jack, un esercizio di stile parzialmente riuscito ma non molto originale. La title track “He Saw It Coming” è puro e semplice rock cabaret tanto caro a zio Alice Cooper e, senza forse, risulta essere uno degli episodi più opachi di tutto il disco. Decisamente meglio sono le atmosfere solari che profumano di cocco e spiagge giamaicane di “Don’t Let Me Go” che abbracciano piacevolmente con melodie ariose e sognanti. Inutile l’intro chitarristico rubato a Van Halen in “Spy Vs Spy”, senza senso se pensiamo che poi il brano è uno splendido e veloce  hard rock che ricorda la band madre dei bei tempi andati. Altra freccia dalle melodie azzeccate è “Blame It On The Night” che rimanda in orbita il disco dopo un paio di pezzi in ombra. Si finisce con il coro a cappella della simpatica “Godspeed”, ottima chiusura di un album che in alcuni tratti stupisce per la frizzante ricerca dell’arrangiamento “diverso” senza seguire per forza il comodo sentiero che Jack si è creato lungo la propria carriera.

Protagonista assoluta in questo ritorno del buon vecchio Jack è la sua voce inconfondibile che – nonostante le cicatrici accumulate negli anni – risplende ancora alta nel firmamento del rock melodico. Album promosso nonostante un calo nel mezzo che non inficia il voto positivo finale dell’intera operazione. Lo spiega benissimo il biologo marino Matt Hooper, ovvero Richard Dreyfuss nel primo storico film Lo Squalo di Spielberg quando parla con l’ottuso sindaco dell’isola di Amity: “…Noi qui abbiamo a che fare con una macchina perfetta. Una macchina divoratrice di uomini, un vero miracolo dell’evoluzione, e questa macchina non fa altro che nuotare, mangiare, e produrre piccoli squali, tutto qui!” il grande squalo bianco ha partorito un piccolo squalo che sicuramente con il tempo crescerà e diverrà letale come il genitore… questa prima sua prova è qua a dimostrarlo! Anche questa ennesima prova è stata superata! Bentornato Jack!

(2017 – Frontiers)

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